Acea-Suez, via al riassetto italofrancese
Caltagirone sale al 3,5% del colosso francese - Il ceo di Suez Chaussade: «Acea ben gestita, fiducia nel management»
p «Acea sarà uno dei grandi protagonisti del processo di riassetto e concentrazione del settore delle utilities in Italia». Al 41° piano della Tour Suez alla Défense, Jean-Louis Chaussade, il ceo del colosso francese, esprime tutta la sua soddisfazione per l’accordo raggiunto con il gruppo Caltagirone, operazione da 300 milioni di cui proprio ieri c’è stato il closing. Suez, presente da ormai 12 anni nel capitale della società romana (di cui il Co- mune detiene il 51%), ha acquisito da Caltagirone (che rimarrà in Acea da azionista stabile con il 5%) un pacchetto dell'11%, salendo al 23,3% e diventando il primo socio privato dell'azienda.
pIn cambio, Caltagirone entra in Suez con il 3,5% (quota destinata a salire al 6%), diventando il terzo azionista (dopo Engie al 33,6% e Caixa al 5,7%), con un posto in consiglio (che verrà occupato da Francesco Caltagirone jr al più tardi a maggio dell’anno prossimo, in occasione dell’assemblea generale sui conti 2016).
«Si tratta – spiegano al quartier generale di Caltagirone – di un’operazione che si inquadra nel più generale processo di internazionalizzazione, in corso da alcuni anni, del gruppo». Che ormai realizza al di fuori dell’Italia i tre quarti del proprio giro d’affari.
Quanto a Suez, Chaussade ha riassunto in tre punti l’importanza strategica dell’intesa: «Il primo è relativo al nostro rafforzamento in Acea, azienda ottimamente gestita che ci sta dando grosse soddisfazioni e che ha importanti prospettive di crescita. Il secondo riguarda l’ingresso nel nostro capitale di un gruppo dinamico e innovativo, con il quale sono possibili importanti sinergie nel quadro di una cooperazione sempre più forte. Il terzo attiene a quello che possiamo fare insieme per crescere in Italia e all’estero».
Lo sviluppo in Italia parte ovviamente proprio da Acea. E dal business dei rifiuti romani. «Non abbiamo ancora incontrato il nuovo sindaco – dice Chaussade – ma abbiamo più volte dato la nostra disponibilità a mettere a disposizione del Comune la nostra esperienza nel trattamento dei rifiuti per trovare soluzioni alternative, metanizzazione compresa, a quella attuale, costosa e illogica, di spedirli in treno verso il Nord Europa. Ovviamente intendiamo limitarci al trattamento, perché la raccolta non fa parte del nostro business».
Quanto alle eventuali difficoltà nei rapporti con la nuova amministrazione pentastellata (va ricordato che in campagna elettorale Virginia Raggi aveva annunciato il cambio al vertice di tutte le municipalizzate, Acea compresa), Chaussade sembra abbastanza tranquillo: «Conosco Roma ormai da tempo e non ricordo alcun candidato sindaco che non abbia fatto annunci di questo genere. Certo, a decidere è il con- siglio di amministrazione. Ma noi, da azionista di rilievo con una partecipazione che ora ci soddisfa e che rimarrà tale nel tempo, e da operatore industriale, riteniamo che la società sia ben gestita e che sia interesse anche del Comune che continui a essere ben gestita. Con una stabilità del management che soprattutto in questo settore è fondamentale». Il messaggio insomma è chiaro: l’amministratore delegato Alberto Irace non si tocca.
Ma l’interesse di Suez va ben oltre la scena romana: «In Italia – prosegue Chaussade – ci sono migliaia di utilities e un processo di consolidamento è inevitabile, come peraltro ha detto chiaramente il premier Matteo Renzi. Ebbene io credo che Acea e Suez abbiano tutte le carte in regola per essere degli attori di primo piano di questo processo. Nel trattamento dei rifiuti e nella gestione e distribuzione dell'acqua». Andando quindi a cogliere tutte le opportunità che si presenteranno, ben al di là della storica presenza a Roma e in Toscana.
«Sul mercato italiano – sottolinea il ceo di Suez – non siamo abbastanza forti e dobbiamo crescere».
All’estero, il primo fronte sul quale si concentrerà la ricerca di sinergie con Caltagirone è quella dell’alimentazione di combustibile fossile per i cementifici del gruppo italiano. Cementir ha 14 impianti, di cui 10 in sei Paesi esteri, e se in Italia le norme impediscono di battere questa strada, all'estero invece non solo è possibile ma addirittura auspicabile. Basti dire che in Germania il 60% del fabbisogno energetico dei cementifici è soddisfatto con i “combustibili solidi di recupero”, composti di legno, plastica, carta e cartone. D'altronde già oggi i rifiuti di Manchester e Liverpool, opportunamente trattati, vanno ad alimentare l'impianto Cementir in Danimarca.
«Ma anche l'Italia, come tutti i Paesi – conclude Chaussade – dovrà fare i conti con la transizione energetica, con l'inserimento dei rifiuti in un processo virtuoso di economia circolare. Ci saranno sempre meno discariche. E in questo processo di radicale trasformazione noi abbiamo senz'altro la possibilità di giocare un ruolo da protagonisti».