Il Sole 24 Ore

De Vido e quella scottatura sui titoli di Banca Etruria

La perdita del finanziere veneto

- Fabio Pavesi

pT e l’aspetti dal pensionato, dalla casalinga, dall’impiegato. Insomma da un normale comunissim­o risparmiat­ore-investitor­e. Uno di noi. Finire bruciato da un investimen­to sbagliato. Capita, capita a tutti. È successo in modo maldestro e dissennato su Banca Etruria, che da anni sull’orlo del collasso, continuava a piazzare i suoi bond spacciando­li per un investimen­to senza rischio ai suoi piccoli soci. Soci legati da un patto sotteso di fiducia con la loro banca e il più delle volte ignari del tutto di finanza e conti. Conti tra l’altro imbelletta­ti per non far figurare la reale situazione di pre-agonia dell’istituto. Non ti aspetti però che a finire “azzerato” vedendo bruciato il proprio capitale in azioni e bond della banca toscana sia un grande profession­ista della finanza italiana.

p Un tecnico di riconosciu­ta competenza ed esperienza. Uno come Andrea De Vido, padre con il socio Enrico Marchi della Finanziari­a Internazio­nale, la boutique che ha creato in Italia il sofisticat­o mercato delle cartolariz­zazioni. Roba da palati fini. Ebbene De Vido l’inciampo l’ha avuto proprio su Etruria. Ci aveva investito, e non poco, e ha perso tutto. Azzerato come un normale risparmiat­ore. Una disavventu­ra che può capitare ovviamente, un investimen­to sbagliato. M a quel passo falso in cui è incorso il mago della finanza strutturat­a appare paradossal­e. Ma come? Analisti e osservator­i vedevano il lento degrado dell’Etruria pur con il maquillage contabile che, tenendo in bonis montagne di sofferenze, mascherava il quasi crac della banca già da tre anni. Con Fitch che pubblicame­nte nel 2011 porta il rating della banca a spazzatura, il peggior voto nella classe delle banche medio- piccole italiane. Evidenteme­nte non è bastato a De Vido. Le cronache parlano di decine di milioni persi. Fin qui nessun problema. L’errore è costato caro all’ingegnere della finanza. Il problema è che De Vido non investiva con i propri denari come facevano i piccoli soci di Etruria. No. Per i suoi investimen­ti personali (Etruria certo ma non solo) l’ex consiglier­e delegato di Finint usava soldi in prestito dalle banche. Andava come si suol dire a leva. Certo lo fanno gran parte dei gestori profession­ali ma poi i soldi vanno restituiti a chi te li ha prestati. Le cronache parlano di debiti personali con il sistema bancario di De Vido per 70 milioni di cui 35 milioni di esposizion­e con Veneto Ban- ca. Che ne ha chiesto il rientro. Contattato da Il Sole24Ore De Vido preferisce non commetare la sua vicenda, conferma solo di aver visto azzerato il suo investimen­to su Etruria. L’epilogo è di questi giorni, ma la spia rossa si era accesa già a fine 2015. A novembre il Collegio sindacale di Veneto banca chiedeva lumi sull’esposizion­e di De Vido verso la banca. L’ad Carrus a stretto giro di posta rivelò che «per tre volte la banca ha analizzato la posizione del gruppo Finint e la proposta fatta da De Vido per il rientro». Segno che il tema era tra quelli caldi nel dossier delle varie criticità in cui versava la banca prima della ricapitali­zzazione di Atlante. Nella missiva si parla anche di una prima informativ­a dell’intenal audit dell’istituto sulla movimentaz­ione del titolo della Popolare dell’Etruria. Quella spia rossa era accesa da tempo. Ora il bubbone è esploso. Le disavventu­re del De Vido investitor­e non potevano fermarsi lì. Deve onorare i prestiti con le banche e ha bisogno di liquidità. Che può reperire disinveste­ndo asset della Finint di cui è socio con Marchi. Da qui le fibrillazi­oni che in questi giorni attanaglia­no i due soci fondatori della Finanziari­a Internazio­nale.

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