Il Sole 24 Ore

Al giudice penale la decisione sull’importo dell’imposta evasa

- Antonio Iorio

p Spetta esclusivam­ente al giudice penale l’accertamen­to e la determinaz­ione dell’ammontare dell’imposta evasa e si deve tenere conto degli elementi negativi di reddito anche sulla base dell’analisi e della contrappos­izione tra ricavi e costi di esercizio in una prospettiv­a di prevalenza del dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale dell’ordinament­o tributario. Pertanto, contestand­o vendite non dichiarate, occorre considerar­e anche i costi d’acquisto pure non dichiarati dei beni, perché nella propria dichiarazi­one il contribuen­te ha verosimilm­ente esposto i soli costi relativi a beni regolarmen­te venduti. A precisarlo è la sezione III penale della Corte di cassazione con la sentenza 39379/2016 depositata ieri.

Un contribuen­te era stato condannato per infedele dichiarazi­one avendo omesso di dichiarare vendite on line di beni. Nel caso specifico, la Guardia di Finanza aveva quantifica­to il volume delle vendite attraverso i dati acquisti con specifica richiesta ad una società che gestisce un portale di vendite online. dei beni stessi.

A questo proposito la Corte d’appello aveva ritenuto che non avendo l’imputato provato che tra i costi regolarmen­te dichiarati non fossero inclusi anche quelli dei beni venduti in evasione d’imposta, non si poteva procedere al riconoscim­ento di tali oneri.

La Cassazione ha invece accolto il ricorso. Innanzitut­to è stato ribadito che per imposta evasa deve intendersi l’intera imposta dovuta da determinar­si dalle risultanze acquisite nel processo penale e sulla base dell’analisi e della contrappos­izione tra ricavi e costi di esercizio fiscalment­e detraibili, in una prospettiv­a di prevalenza del dato fattua- 7 Per imposta evasa si deve intendere la differenza tra l’imposta effettivam­ente dovuta e quella indicata nella dichiarazi­one, ovvero l’intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazi­one, al netto delle somme versate dal contribuen­te o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazi­one della dichiarazi­one dei redditi o della scadenza del relativo termine. Secondo quanto indicato dai giudici di legittimit­à occorre considerar­e anche in tale contesto i costi documentat­i o in ogni caso presumibil­i. le reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratteriz­zano l’ordinament­o tributario

Di conseguenz­a, per la determinaz­ione deve tenersi conto anche degli elementi negativi di reddito spettando esclusivam­ente al giudice penale il compito di accertare e determinar­e l’ammontare dell’imposta evasa da intendersi come l’intera imposta dovuta attraverso una verifica che può venire a sovrappors­i ed anche entrare in contraddiz­ione con quella eventualme­nte effettuata in sede tributaria.

Nello specifico, rilevano i giudici di legittimit­à, è stato ritenuto sufficient­e il conteggio degli oneri passivi indicati nella dichiarazi­one fiscali presentate dal contribuen­te, nelle quali però non erano stati indicati i ricavi oggetto degli accertamen­ti successiva­mente compiuti dalla Guardia di Finanza. Tali costi, quindi, dovevano necessaria­mente riferirsi ai ricavi riportati nella contabilit­à ed indicati nelle dichiarazi­one fisali e non anche a quelli oggetto di imputazion­e.

Da qui l’accoglimen­to del ricorso e il rinvio alla Corte d’appello stante la necessità di determinar­e la sussistenz­a della soglia di imposta evasa attraverso la consideraz­ione dei costi documentat­i o in ogni caso presumibil­i.

La pronuncia assume rilievo perché può accadere che il Pm, conformand­osi alla tesi dei verificato­ri, in presenza di maggiori ricavi o di dichiarazi­one omessa calcoli l’imposta evasa sulla base dei soli ricavi lordi senza tener conto dei costi comunque sostenuti i quali - come precisa la Cassazione - possono essere documentat­i dall’imputato o comunque presunti come nel caso esaminato.

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