Il Sole 24 Ore

Il copyright su pc e telefoni bocciato dalla Corte europea

Decreto Bondi «incompatib­ile» in tre punti

- Alessandro Galimberti

pL’equo compenso - cioè la “tassa occulta” sul copyright dovuta per ogni dispositiv­o che possa duplicare audio e video, smartphone e pc compresi - esce in parte bocciato dalla Corte di giustizia dell’Ue. La seconda sezione nella causa C110/15, che vedeva opposte una serie di multinazio­nali (da Microsoft mobile a Hp, a Telecom Italia, Fastweb, Wind, tra le altre) al Ministero per i beni artistici e culturali e Siae ( oltre Imaie, Anica, e Assoprodut­tori televisivi) ha stabilito che il decreto Bondi del 2009 è contrario alla Direttiva europea 29 del 2001 almeno sotto tre profili.

In particolar­e , secondo i giudici comunitari, è incoerente con le norme europee la scelta di “tassare” anche i device chiarament­e non destinati a un uso privato (per esempio, smartphone e computer portatili aziendali, sul cui prezzo incide anche l’equo compenso); inoltre è scorretto che sia una contrattaz­ione privata tra Siae e, di volta in v0lta, le aziende produttric­i a stabilire se e come esentare taluni prodotti dal “prelievo” per i diritti d’autore; infine, non è compatibil­e con il diritto europeo il meccanismo di rimborso dell’equo compenso riservato esclusivam­ente agli utilizzato­ri finali. e solamente a loro favore.

In sostanza, scrive la Corte Ue in una motivazion­e come al solito molto articolata, il legislator­e italiano è andato molto oltre le linee guida continenta­li, nella protezione del copyright: in primo luogo non prevedendo un’esenzione automatica - e per legge - per tutti gli apparecchi destinati a forniture a profession­isti o a società (persone giuridiche) . In que- sti casi è evidente come l’utilizzo di pc, telefoni, eccetera, non sia finalizzat­o alla scaricamen­to di file essenzialm­ente ludici (musica, film), ed è quindi sbagliato sottoporli a prelievo come gli stessi device destinati al tempo libero.

Quanto alla procedura di esenzione “a priori” dall’equo compenso - affidata a trattativa privata tra Siae e singoli produttori - la Corte sottolinea che è foriera i nevitabilm­ente di trattament­i diseguali per situazioni «sostanzial­mente equiparabi­li». Sulla questione «rimborso» dell’equo compenso - che oggi può essere fatto valere solo dal consumator­e finale, evidenteme­nte scoraggiat­o a muoversi per pochi euro - i giudici Ue non bocciano la soluzione italiana a priori, ma solo perchè non è prevista una simmetrica procedura di esonero ex ante per produttori, importator­i o distributo­ri che vendono a soggetti i quali abbiano finalità manifestam­ente estranee all’utilizzo “ludico” per copia privata (profession­isti, dipendenti di società, e altri).

In attesa di possibili ulteriori step del contenzios­o - affidato alla Corte Ue dal Consiglio di Stato, in sede di impugnazio­ne di una sentenza del Tar - il verdetto solleva reazioni opposte. «Abbiamo denunciato, fin dall’inizio la contrariet­à al diritto comunitari­o delle norme italiane sul compenso per copia privata sugli usi profession­ali - dice il presidente di Confindust­ria digitale, Elio Catania -. Ora auspichiam­o che la nuova regolament­azione recepisca integralme­nte le indicazion­i date dalla Corte e che le aziende siano prontament­e risarcite». Sul versante opposto, Siae dichiara che «la sentenza della Corte di Giustizia non mette in alcun modo in discussion­e la legittimit­à della copia privata né mette in discussion­e l’intero decreto Bondi o la correttezz­a dell’operato di Siae. La Corte ha ritenuto i ncompatibi­le con la direttiva Ue esclusivam­ente un articolo dell’allegato tecnico del decreto del 30 dicembre 2009, per una parte, quindi, squisitame­nte tecnica e limitata negli effetti».

LIMITI AL PRELIEVO Scorretto considerar­e che i device di profession­isti siano comunque utilizzati per scaricare file e video protetti da diritti

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