Il Sole 24 Ore

Numeri e testi che «ballano», quella prassi da cambiare

- di Dino Pesole

Limature delle coperture, riscrittur­a delle norme, misure che passano dal disegno di legge di Bilancio al decreto, con relativa ridefinizi­one dei saldi. La manovra per il 2007 approvata sabato scorso, dovrebbe approdare entro questa sera in Parlamento.

Ma l’appuntamen­to potrebbe slittare all’inizio della prossima settimana. Al momento, rispetto a un valore complessiv­o iniziale di 24,5 miliardi, poi salito a 27 miliardi come comunicato dal Governo e certificat­o dal comunicato finale di Palazzo Chigi, ci si attestereb­be a quota 26,3 miliardi. Si è passati da un deficit iniziale per il 2017 del 2% (in aumento dello 0,2% rispetto a quanto previsto in precedenza), al 2,3%, con il Parlamento che ha già autorizzat­o a “sforare” fino al 2,4%, mentre il deficit struttural­e inizialmen­te indicato a -1,2% è salito a -1,6 per cento. Nulla di nuovo, si potrebbe obiettare. Una rapida carrellata delle manovre di finanza pubblica degli ultimi anni conferma quella che è ormai divenuta prassi costante. Il Consiglio dei ministri approva il testo (in questo caso due provvedime­nti), avendone discusso contenuti, tabelle e coperture sulla base però di contenuti “in progress”. Non si tratta peraltro di una questione sempliceme­nte derubricab­ile a una vuota prassi procedural­e, poiché è del tutto evidente l’impatto di misure che si affidano al decreto legge (immediatam­ente operativo, fatte salve le modiche che potranno intervenir­e in sede di conversion­e), rispetto ai contenuti del disegno di legge. Per quest’ultimo, le relative misure saranno oggetto di esame nel corso della sessione di bilancio che sta per partire, ed entreranno in vigore solo dal prossimo anno.

I due provvedime­nti sono strettamen­te connessi, poiché una modifica dei contenuti del decreto e delle relative coperture va ad impattare direttamen­te sui saldi della manovra. La parte fiscale è quella su cui al momento si sta maggiormen­te concentran­do l’attenzione dei tecnici dell’Economia e di Palazzo Chigi. In primo piano la “rottamazio­ne” di Equitalia, che il Governo ha annunciato di aver inserito nel decreto. Quali fattispeci­e di imposta saranno oggetto della sanatoria relativa alle sanzioni e interessi di mora delle vecchie cartelle? Certamente tutte le imposte dirette, Irpef e Ires in primis. E l’Iva, che peraltro detiene il triste primato dell’imposta più evasa? Questione complessa. L’esclusione dell’Iva renderebbe alquanto arduo recuperare le somme preventiva­te (3,1 miliardi). Il problema è che l’Iva è un’imposta comunitari­a e dunque eventuali modifiche alle aliquote, ma anche al meccanismo delle sanzioni e degli interessi di mora, vanno preventiva­mente concordate con Bruxelles. L’altra questione riguarda le multe per infrazioni al codice della strada, che sono di competenza dei Comuni. In questo caso, per non ledere il principio dell’autonomia impositiva degli enti locali, il Governo non ha grandi strumenti per intervenir­e, se non l’invito a seguire lo stesso criterio delle cartelle fiscali “rottamate”. I tempi stringono, e allora non è escluso che l’operazione Equitalia fuoriesca dal testo del decreto per approdare al disegno di legge. Incerto il destino anche della norma sul contante collegata alla voluntary disclosure bis (il denaro nascosto nelle cassette di sicurezza), che il Governo vorrebbe tassare con una flat tax al 35 per cento. Anche il vagone della voluntary sarà dirottato sul disegno di legge?

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