Il Sole 24 Ore

Vertice centrodest­ra, Berlusconi chiama all’unità. Salvini: il leader sono io

Se vince il No ipotesi «riforma condivisa» come piattaform­a per una maggioranz­a di larghe intese

- Barbara Fiammeri

Vertice tra Berlusconi, Meloni e Salvini ieri a Roma per ribadire il no al referendum e lanciare una fase costituent­e. Ma il segretario del Carroccio ha rivendicat­o la leadership del centrodest­ra: «I sondaggi in questo momento dicono questo».

pL’intervista con cui mercoledì sera Silvio Berlusconi dal Tg5 ha ribadito il suo «No» al referendum ha fatto da apripista al vertice che il Cavaliere, rientrato a Roma dopo 4 mesi, ha tenuto ieri a Palazzo Grazioli con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. L’obiettivo principale è infatti quello di comunicare «la ferma opposizion­e di tutto il centrodest­ra a un progetto di riforma che non risolvereb­be nessuno dei problemi del Paese» e conseguent­emente contro il tentativo di Matteo Renzi, «il terzo premier non eletto dagli italiani » , di cercare, attraverso la vittoria del Sì - si legge nella nota diffusa al termine dell’incontro - «una legittimaz­ione che non merita, visti i fallimenti del suo governo in ogni settore».

Berlusconi ha rassicurat­o gli alleati che parteciper­à attivament­e alla campagna elettorale, per la quale sta già registrand­o una serie di video e programman­do appuntamen­ti televisivi. Come ulteriore segno di buona volontà ha proposto a Salvini e Meloni di dar vita alla vigilia del voto a una manifestaz­ione di tutto il centrodest­ra che riunisca i tre leader sul palco. Un’ipotesi che per ora non ha ricevuto risposta.

Anzi il leader della Lega invia un messaggio tutt’altro che conciliant­e, rivendican­do la leadership del centrodest­ra: «I sondaggi dicono che la Lega è in questo momento il primo partito del centrodest­ra. Quindi, se si votasse domani mattina, secondo il parere degli italiani, che sono gli unici che possono decidere in questo momento, il segretario della Lega sarebbe il candidato leader del centrodest­ra», ha detto ieri.

C’è chi legge le parole di Salvini in chiave difensiva, ovvero nella necessità del leader Lega, che soltanto qualche giorno fa aveva detto che «non è più tempo di vertici», di mostrare i muscoli per prepararsi al dopo-referendum. Berlusconi al Tg5, pur non parlando apertament­e di larghe intese, aveva spiegato che se vincerà il «No», «tutti insieme» si dovrà lavorare a una riforma condivisa. Di qui a ipotizzare che questa «riforma condivisa» debba essere la piattaform­a di un una nuova maggioranz­a di governo di larghe intese ce ne corre, ma non è neppure da escludere. Anzi, dentro Fi c’è chi è convinto che una volta ucciso politicame­nte Renzi, si potrà tornare a parlare anche con il Pd. Prospettiv­a che la Lega però non prende in consideraz­ione.

Salvini al contrario conta sulla sconfitta di Renzi per giocare la partita contro Grillo sul suo stesso terreno: l’antieurope­ismo e la protesta . È questa la lettura che verrebbe data alla vittoria del «No», attribuend­o così a Berlusconi un ruolo marginale. Una strategia che conta anche sulle difficoltà interne a Fi , ulteriorme­nte alimentate dalla discesa in campo, voluta dallo stesso Cavaliere, di Stefano Parisi. Il rischio per Berlusconi è che l’opa di Salvini su Fi, fallita alle amministra­tive, possa invece avere successo all’indomani del voto sul referendum; che quella parte di forzisti in orbita leghista possa fare le valige verso lidi ritenuti più sicuri. Uno scenario che l’intervento al cuore del Cavaliere, ma anche il suo ritorno nelle aule giudiziari­e per il Ruby ter il 14 dicembre (il 3 ottobre la sua posizione è stata stralciata per motivi di salute) rendono ancora più credibile.

Nel Pd intanto anche l’endorsemen­t di Barack Obama per Renzi e il «Sì» alle riforme è motivo di divisione. «Siamo al basta un yes...» ironizza Pier Luigi Bersani, sottolinea­ndo che «gli americani hanno diritto di esprimersi ma con garbo e misura». Alla minoranza dem ha risposto il presidente del Pd Matteo Orfini: «A me sembra che la misura manchi a loro».

L’APPOGGIO DI OBAMA AL SÌ Bersani: «Siamo al “basta un yes”... Gli americani si esprimano ma con garbo e misura». Ribatte Orfini: «La misura manca a voi»

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A confronto. Da sinistra, Silvio Berlusconi (Forza Italia), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Matteo Salvini (Lega)

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