Il premier e il rilancio al Consiglio Ue
Dopo l’endorsement di Obama il premier oggi e domani al consiglio europeo: «Bruxelles sia più attenta a immigrazione e crescita» Renzi avverte la Ue: «Il populismo non nasce dalla paura ma dalla crisi economica»
p «Perplessità sui nostri conti? Va bene, allora arrivi pure una procedura di infrazione da Bruxelles ma non per noi, per quei Paesi che non hanno accettato la relocation dei migranti». È visibilmente irritato il premer italiano Matteo Renzi tanto da interrompere l’off the record di un incontro con i giornalisti italiani al termine della visita di Stato a Washington. Da tre giorni il presidente del Consiglio non legge i giornali italiani e si tiene quindi prudentemente alla larga dalle dichiarazioni sul suo viaggio fatte da Brunetta e Bersani che, dice, «si commentano da sole». Anche sulle dichiarazioni di Obama sul referendum italiano fornisce solo informazioni “off” di background. Ma quando si tocca la questione conti Renzi parla in chiaro.
«Perplessità? È la solita storia da tre anni – dice il presidente del Consiglio - prima un anonimo portavoce della Commissione esprime preoccupazioni e timori, poi arriva una letterina, noi rispondiamo e si va avanti così ma non si entra mai nel merito; voglio che mi dicano se posso oppure no dare 350 milioni per ricostruire una scuola terremotata di Amatrice o dove trovo i fondi per salvare i migranti nel Canale di Sicilia, invece niente. Solo perplessità». L’Italia, insiste Renzi, rispetta le regole Ue. «Il 2,3% nel rapporto deficit-Pil - ricorda il premier - è il più basso di sempre. Ma il problema non è lo 0,1% o lo 0,2%. Noi abbiamo fatto una legge di stabilità che pensa ai cittadini, investe sulla crescita e aiuta i pensionati, il lavoro fatto sulla sanità con 2 miliardi di euro è stato enorme; abbiamo voluto un fisco che non cerca di fregarti con le sanzioni e poi il lavoro sulla crescita fatto con Calenda è strategico e porta miliardi veri nell’economia». E allora, dice provocatoriamente Renzi, «sì, mi aspetto una procedura di infrazione, ma non contro l’Italia, contro tutti quei Paesi che non hanno accettato la relocation dei migranti approvata da vari Consigli europei». Un’Europa, precisa sempre Renzi, che «va su Marte con una sonda in gran parte italiana ma che non riesce ancora ad andare nelle periferie e nelle sacche di sofferenza dove l’austerity ha già fatto parecchi danni».
Anche sull’immigrazione Renzi mette l’accento sui ritardi europei. «Dicevano che a Bratislava ho fatto il matto – commenta Renzi – ma poi la Merkel è andata in Africa e Juncker si è espresso a favore del migration compact». E poi, alla fine, aggiunge il presidente del Consiglio «non ci sono don Chisciotte contro i mulini a vento: c’è una visione del mondo in cui l’Ue deve essere maggiormente attenta a immigrazione e crescita, e su questa linea è importante ci sia la condivisione del presidente Obama».
Renzi cerca di spiegare cosa c’è dietro l’endorsement di Obama al governo italiano. «Nessun mistero sul referendum, l’amministrazione Usa è stata sempre a favore delle riforme, il referendum italiano non è un argomento di dibattito». La visita è stata comunque «di grande livello» e ha sancito un forte rapporto personale (anche tra Agnese e Michelle che si erano conosciute all’Expo di Milano). C’è piena consonanza di cultura politica e una «sovrapposizione delle agende». Nessuna decisione presa sulla scorta della Brexit anche perché, rivela Renzi, «tutto è nato durante una passeggiata in un tempio shintoista durante il G7 giapponese in maggio». È lì che Obama avrebbe manifestato a Renzi l’intenzione di dedicare proprio all’Italia l’ultimo State Dinner. Poi, certo ha aiutato il lavoro comune fatto nella coalizione anti Isis, nella Nato, nelle missioni in Afghanistan e in Libia (dove, aggiunge Renzi «non è vero che gli Stati Uniti ci chiedono di più»). Un successo che ora Renzi cercherà di capitalizzare nelle sfide che lo attendono in Italia e a Bruxelles. E l’avvertimento alla Ue è chiaro: «Il populismo non nasce dalla paura ma dalla crisi economica».