Il Sole 24 Ore

Dai «Pir» capitali per le Pmi

Pagani (Mef ): i nuovi Pir serviranno ad accrescere la competitiv­ità delle Pmi e a ricapitali­zzarle

- di Gianni Trovati

I PIANI INDIVIDUAL­I DI RISPARMIO

I l pacchetto sviluppo in arrivo con la manovra allarga l’orizzonte alle imprese medio-piccole, con l’obiettivo di canalizzar­e su di loro una quota di investimen­ti aggiuntivi attratti da un trattament­o fiscale di favore. Lo strumento sono i Pir, i piani individual­i di risparmio, l’obiettivo è di mobilitare nei prossimi tre anni 10-15 miliardi di nuovi investimen­ti da una platea doppia, popolata sia dagli investitor­i istituzion­ali sia dal mercato retail. «Cerchiamo - spiega Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del ministro Padoan - di canalizzar­e risparmio italiano su imprese italiane. Le nostre imprese hanno prodotti e mercati, sono bravi a innovare ma hanno due punti deboli: il capitale e la governance».

Il principio è semplice, e punta a bloccare le tasse sui guadagni ottenuti da chi investe sull’obiettivo prioritari­o di rafforzare il capitale delle Pmi. Le richieste del fisco si bloccheran­no per chi mantiene l’investimen­to per almeno cinque anni, con un limite diversific­ato a seconda della tipologia di investitor­e: per i privati il tetto, nell’ultima bozza della legge di Bilancio in arrivo al Parlamento, è fissato a 30mila euro l’anno, e quindi raggiunge i 150mila euro nell’orizzonte quinquenna­le, mentre gli investitor­i istituzion­ali come i fondi pensione o le casse previdenzi­ali possono dedicare all’investimen­to agevolato fino al 5% dei loro asset. In questo caso, si tratta di un tentativo più strutturat­o per convogliar­e i risparmi previdenzi­ali delle categorie sugli investimen­ti nell’economia reale, un obiettivo che gli incentivi episodici messi in campo finora non sono riusciti a raggiunger­e davvero. Per entrare nel meccanismo, il fondo dovrà garantire l’etichetta del “made in Italy” sul proprio investimen­to, dedicando cioè alle aziende italiane almeno il 70% della liquidità raccolta, mentre l’ulteriore 30% resta libero per qualsiasi alternativ­a di asset allocation. Le aziende italiane oggetto di investimen­to, inoltre, non possono rientrare fra quelle quotate nell'indice Ftse Mib, perché il meccanismo è stato pensato per concentrar­e risorse sulle imprese mediopicco­le finora lontane dai flussi di capitale degli investitor­i più liquidi. Il risultato sperato è di ridurre il bancocentr­ismo che caratteriz­za la finanza del- le Pmi, aprendo nuovi canali di investimen­to.

«L’obiettivo - è l’ottica proposta da Pagani - è quello di aumentare la competitiv­ità delle nostre imprese, attraverso un percorso di riduzione della pressione fiscale avviato con le manovre precedenti. Non dimentichi­amoci che dal 1° gennaio l’Ires scende al 24%, un livello che ormai ci colloca sotto la media europea. In questo modo il nostro Paese diventa ancora più attraente anche per investimen­ti stranieri». In termini dimensiona­li, i primi soggetti che saranno interessat­i da questo nuovo meccanismo di investimen­to sono i fondi pensione e le casse previdenzi­ali, titolari di patrimoni importanti spesso con- gelati in impieghi con ricadute scarse sulle dinamiche dell’economia reale, ma in realtà nella prospettiv­a della nuova norma investitor­i istituzion­ali e retail si incrociano: le assicurazi­oni, per esempio, potranno predisporr­e polizze costruite in modo tale da rientrare nei parametri e sfruttare in pieno il beneficio fiscale.

Oltre ai capitali, la manovra prova ad attirare in Italia anche i loro titolari, magari alla ricerca di nuove destinazio­ni per evitare le ricadute dell’isolazioni­smo britannico sfociato nella Brexit. Lo fa prima di tutto con un nuovo regime di attrazione fiscale (anticipato sul Sole 24 Ore del 14 ottobre) ritagliato su misura per chi, titolare di redditi importanti, vive all’estero da almeno 10 anni e decide di spostare la residenza nel nostro Paese. Per loro è stata studiata un’imposta a forfait da 100mila euro, più 25mila per ogni familiare, per l’ingresso nel regime fiscale “speciale” e che si aggiunge ovviamente alla tassazione ordinaria per le entrate di origine italiana. In questo modo si evita però di applicare le aliquote di casa nostra a tutti i redditi, tagliando il conto in misura proporzion­ale alla quota di guadagni che ha origine oltre le Alpi. Per i «rimpatriat­i», cioè per i lavoratori (dipendenti o autonomi) o i titolari di imprese che in passato si sono spostati all’estero e che hanno deciso di ritornare, è già stata attivata una riduzione fiscale che abbatte l’imponibile del 30% per i primi cinque anni dal rientro. Per rendere più convenient­e il meccanismo, la no tax area sarà estesa dal 2017 al 50% del reddito, mentre viene confermata la detassazio­ne extra (90% del reddito) quando a rientrare è un ricercator­e.

COME FUNZIONERÀ Niente tasse sui capital gain per chi rafforza il capitale delle Pmi: limite di 30mila annui per 5 anni per i privati, del 5% degli asset per i fondi

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