Perdono quasi totale ma non privo di insidie
La nuova versione della voluntary disclosure punta soprattutto all’emersione del contante e di quelli che la legge definisce i «valori al portatore», di fatto oro e preziosi. Rispetto alla versione precedente, più mirata all’emersione dei conti esteri, si profilano oggi ulteriori rischi di riciclaggio, perchè contante e valori – a differenza di conti e gestioni patrimoniali – sfuggono a qualsiasi tracciabilità, anche temporale.
L’adesione alla voluntary, infatti, garantisce un’ampia copertura penale, anche se ovviamente non è una garanzia di impunità. I reati neutralizzati dalla «emersione volontaria» sono quasi tutti quelli penaltributari previsti dal decreto legislativo 74/2000: si va dalla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, alla dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, passando come è ovvio per la dichiarazione infedele, l’omessa dichiarazione, fino ad arrivare all’omesso versamento di ritenute dovute o certificate e, ultimo, l’omesso versamento dell’Iva. L’origine fiscale, e solo fiscale del nero fa scattare la non perseguibilità penale, per chi fa, o ha fatto, la voluntary disclosure.
Fuori dal “perdono” anticipato – su cui comunque la Procure hanno sempre la possibilità di controllo, su input delle Entrate – restano invece tutti gli altri reati che producono un’accumulazione illecita, quindi tutti i fatti di criminalità, ma anche tutti i reati societari (ad esempio il falso in bilancio) e, soprattutto, tutti i reati contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione ecc).
Il tema resta, però, quello di sempre: chi garantisce sull’origine solo fiscale dei soldi/valori da regolarizzare? Scartata l’ipotesi di un ente certificatore (l’Agenzia?, la Gdf?, gli intermediari?) il cerino resta in mano al contribuente e al suo consulente/professionista. La dichiarazione sulla genuinità di quanto si vuole sanare, per essere chiari, comporta l’assunzione di un’ulteriore responsabilità, considerato che «l’esibizione di atti falsi e la comunicazione di dati non rispondenti al vero» è punita, con un nuovo titolo di reato autonomo, con il carcere da 18 mesi a sei anni (sul punto il governo sta pensando a un inasprimento, si veda l’articolo a pagina 3).
Il rischio penale non finisce qui, perché al classico riciclaggio dal 1° gennaio 2015 si è affiancato anche l’autoriciclaggio: rispetto al passato, oggi rischia il carcere (da 2 a 8 anni) anche la stessa persona che ha costituito il patrimonio illecito nel momento in cui si ingegna a cancellarne le tracce (prima era invece necessario individuare il “terzo” che si era prestato al lavaggio).
Infine, non bisogna dimenticare che i molti benefici fiscali/penali della Vd sono vietati a chi cercasse di infilarvicisi solo dopo che il Fisco si era già accorto di lui attivando accessi, ispezioni, verifiche o qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali per violazione di norme tributarie.