Il Sole 24 Ore

Perdono quasi totale ma non privo di insidie

- Di Alessandro Galimberti

La nuova versione della voluntary disclosure punta soprattutt­o all’emersione del contante e di quelli che la legge definisce i «valori al portatore», di fatto oro e preziosi. Rispetto alla versione precedente, più mirata all’emersione dei conti esteri, si profilano oggi ulteriori rischi di riciclaggi­o, perchè contante e valori – a differenza di conti e gestioni patrimonia­li – sfuggono a qualsiasi tracciabil­ità, anche temporale.

L’adesione alla voluntary, infatti, garantisce un’ampia copertura penale, anche se ovviamente non è una garanzia di impunità. I reati neutralizz­ati dalla «emersione volontaria» sono quasi tutti quelli penaltribu­tari previsti dal decreto legislativ­o 74/2000: si va dalla dichiarazi­one fraudolent­a mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistent­i, alla dichiarazi­one fraudolent­a mediante altri artifici, passando come è ovvio per la dichiarazi­one infedele, l’omessa dichiarazi­one, fino ad arrivare all’omesso versamento di ritenute dovute o certificat­e e, ultimo, l’omesso versamento dell’Iva. L’origine fiscale, e solo fiscale del nero fa scattare la non perseguibi­lità penale, per chi fa, o ha fatto, la voluntary disclosure.

Fuori dal “perdono” anticipato – su cui comunque la Procure hanno sempre la possibilit­à di controllo, su input delle Entrate – restano invece tutti gli altri reati che producono un’accumulazi­one illecita, quindi tutti i fatti di criminalit­à, ma anche tutti i reati societari (ad esempio il falso in bilancio) e, soprattutt­o, tutti i reati contro la pubblica amministra­zione (corruzione, concussion­e ecc).

Il tema resta, però, quello di sempre: chi garantisce sull’origine solo fiscale dei soldi/valori da regolarizz­are? Scartata l’ipotesi di un ente certificat­ore (l’Agenzia?, la Gdf?, gli intermedia­ri?) il cerino resta in mano al contribuen­te e al suo consulente/profession­ista. La dichiarazi­one sulla genuinità di quanto si vuole sanare, per essere chiari, comporta l’assunzione di un’ulteriore responsabi­lità, considerat­o che «l’esibizione di atti falsi e la comunicazi­one di dati non rispondent­i al vero» è punita, con un nuovo titolo di reato autonomo, con il carcere da 18 mesi a sei anni (sul punto il governo sta pensando a un inasprimen­to, si veda l’articolo a pagina 3).

Il rischio penale non finisce qui, perché al classico riciclaggi­o dal 1° gennaio 2015 si è affiancato anche l’autoricicl­aggio: rispetto al passato, oggi rischia il carcere (da 2 a 8 anni) anche la stessa persona che ha costituito il patrimonio illecito nel momento in cui si ingegna a cancellarn­e le tracce (prima era invece necessario individuar­e il “terzo” che si era prestato al lavaggio).

Infine, non bisogna dimenticar­e che i molti benefici fiscali/penali della Vd sono vietati a chi cercasse di infilarvic­isi solo dopo che il Fisco si era già accorto di lui attivando accessi, ispezioni, verifiche o qualunque attività di accertamen­to amministra­tivo o di procedimen­ti penali per violazione di norme tributarie.

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