La siderurgia chiede decisioni più rapide
pL’acciaio è diventato nel giro di pochi mesi da settore quasi dimenticato - si pensi all’Action plan per la siderurgia promosso da Antonio Tajani all’epoca in cui era vicepresidente della Commissione Ue, naufragato tra veti e incertezze - a simbolo delle scelte di politica di difesa commerciale europea. Sul fronte della siderurgia, tra il 2015 e il 2016 Bruxelles ha gonfiato i muscoli, erigendo un fortino di misure daziarie, con risultati non sempre giudicati efficaci dagli operatori del settore, ma che hanno comunque contribuito in alcuni casi a ridurre le importazioni di prodotti in dumping.
L’ultima misura, in ordine di tempo, è stata l’imposizione di un dazio provvisorio (tra il 13,2% e il 22,6%) sui coils a caldo (oltre che sulle lamiere da treno) importati dalla Cina. Una decisione giunta dopo un’indagine durata otto mesi. Ma è proprio sulla tempistica di intervento, oltre che sull’entità e l’efficacia delle misure, che hanno puntato il dito gli industriali siderurgici.
Il modello di riferimento sono gli Stati Uniti, dove ci si mette in media solo quattro mesi e mezzo per assumere una decisione di questo tipo, e dove i dazi sono mediamente superiori rispetto a quelli europei (in alcuni casi oltre il 200 per cento). «Mentre gli Stati Uniti impongono un dazio del 265% all’importazione di acciaio cinese - ha dichiarato lo stesso presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker lo scorso settembre - in Europa alcuni governi insistono da anni che i dazi sull’acciaio cinese devono essere ridotti. Va bene il libero scambio, ma senza ingenuità: al pari degli Stati Uniti dobbiamo essere capaci di rispondere al dumping con determinazione».
Sono una ventina le misure di protezione commerciale decise dalla Commissione europea a difesa della siderurgia, circa un terzo del totale dei dazi attualmente attivi in Europa. Quindici tra questi riguardano prodotti provenienti dalla Cina, ma Bruxelles ha inasprito i toni, estendendo l’indagine sui coils anche alle importazioni da Brasile, Iran, Ucraina, Russia e Serbia.
Per effetto delle ultime decisioni nel 2016 le importazioni da Pechino sul mercato italiano si sono sensibilmente ridotte. In calo anche gli acquisti di coils, nonostante il giro di vite sia arrivato pochi giorni fa: secondo gli operatori su questo flusso ha in- fluito anche una sorta di effettoannuncio. Il Dragone resta comunque il primo importatore.
«Quest’anno il settore europeo dell’acciaio è stato danneggiato da una massiccia sovracapacità - si legge nel documento della Commissione Ue che annuncia la riforma degli strumenti di difesa commerciale -. Solo in Cina è stata stimata a circa 350 milioni di tonnellate, quasi il doppio della produzione annuale dell’Unione. Negli ultimi tre anni le importazioni di acciaio dalla Cina all’Ue hanno subito un'impennata, provocando danni particolarmente gravi al settore, che ha perso 40mila posti di lavoro dall’inizio della crisi finanziaria».
LO SCENARIO Per il comparto acciaio deliberate una ventina di misure di protezione, pari a un terzo di tutte le barriere antidumping