Il Sole 24 Ore

Piccole partecipat­e, per i manager stipendio sotto i 100mila euro

- Gianni Trovati

pP reviste fin dall’ultima legge di stabilità e rilanciate dal decreto sulla riforma delle partecipat­e, sta per vedere la luce il nuovo sistema di tetti agli stipendi dei manager delle aziende pubbliche (quotate escluse) articolati in cinque fasce a seconda di fatturato, dipendenti e condizioni di bilancio di ogni azienda. Il risultato sarà quello di abbassare, con ogni probabilit­à sotto i 100mila euro, il “trattament­o economico onnicompre­nsivo” massimo per chi guida le più piccole fra le imprese controllat­e dalla Pa, ma non sarà immediato. La scadenza per il varo del provvedime­nto, fissata appunto dalla riforma delle partecipat­e dopo la mancata attuazione della legge di stabilità, è in calendario per il 23 ottobre, e il governo vorrebbe arrivare nei prossimi giorni almeno alla definizion­e del testo, per evitare di sforare “politicame­nte” la prima scadenza nell’attuazione della riforma. Il testo, un decreto ministeria­le dell’Economia, dovrà però passare l’esame della Conferenza Unificata, dove siedono i rappresent­anti di regioni ed enti locali, e delle commission­i parlamenta­ri. I tempi, è facile scommetter­e, non saranno brevi.

Il passaggio è però importante sul piano politico nell’ottica di riduzione dei costi delle partecipat­e che anima gli obiettivi dichiarati della riforma. Oggi la gerarchia retributiv­a dei manager delle società controllat­e dalla Pubblica amministra­zione è articolata su tre scalini, che fissano a 240mila euro (il tetto massimo per ogni incarico pubblico) il limite di stipendio per chi guida le società più grandi, e a 120mila euro quello per le aziende più piccole. Proprio queste ultime sono nel mirino della riforma Madia, che per le aziende con meno di un milione di euro di fatturato prevede direttamen­te la dismission­e, e dovrebbero essere le più penalizzat­e anche sul piano degli stipendi. Per i numeri definitivi che saranno proposti dall’Economia bisogna aspettare ancora qualche giorno, perché al vaglio ci sono diverse ipotesi messe alla prova sui database ministeria­li per valutarne gli effetti. Tra le opzioni ci sarebbe quella di fissare poco sotto i 100mila euro il limite nelle aziende “minori”, ma non sono da escludere scelte anche più rigide.

Oltre che agli stipendi di amministra­tori e dirigenti, il decreto dovrebbe indicare i limiti alle buste paga dei dipendenti, almeno secondo quel che prevede la riforma, ma la materia è ovviamente contrattua­le e difficilme­nte

LA PARTE VARIABILE Andranno definite anche le nuove regole per la parte variabile della retribuzio­ne: non potrà essere pagata in caso di risultati negativi

troverà spazio nel provvedime­nto. Per i manager invece, andranno definite anche le nuove regole per la parte variabile della retribuzio­ne, che è compresa nei tetti massimi e non potrà essere pagata in caso di risultati negativi “imputabili alla responsabi­lità degli amministra­tori”: una precisazio­ne, quest’ultima, che serve a escludere dalla penalizzaz­ione i dirigenti impegnati in piani di risanament­o destinati a sfociare in utili solo dopo qualche anno.

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