Piccole partecipate, per i manager stipendio sotto i 100mila euro
pP reviste fin dall’ultima legge di stabilità e rilanciate dal decreto sulla riforma delle partecipate, sta per vedere la luce il nuovo sistema di tetti agli stipendi dei manager delle aziende pubbliche (quotate escluse) articolati in cinque fasce a seconda di fatturato, dipendenti e condizioni di bilancio di ogni azienda. Il risultato sarà quello di abbassare, con ogni probabilità sotto i 100mila euro, il “trattamento economico onnicomprensivo” massimo per chi guida le più piccole fra le imprese controllate dalla Pa, ma non sarà immediato. La scadenza per il varo del provvedimento, fissata appunto dalla riforma delle partecipate dopo la mancata attuazione della legge di stabilità, è in calendario per il 23 ottobre, e il governo vorrebbe arrivare nei prossimi giorni almeno alla definizione del testo, per evitare di sforare “politicamente” la prima scadenza nell’attuazione della riforma. Il testo, un decreto ministeriale dell’Economia, dovrà però passare l’esame della Conferenza Unificata, dove siedono i rappresentanti di regioni ed enti locali, e delle commissioni parlamentari. I tempi, è facile scommettere, non saranno brevi.
Il passaggio è però importante sul piano politico nell’ottica di riduzione dei costi delle partecipate che anima gli obiettivi dichiarati della riforma. Oggi la gerarchia retributiva dei manager delle società controllate dalla Pubblica amministrazione è articolata su tre scalini, che fissano a 240mila euro (il tetto massimo per ogni incarico pubblico) il limite di stipendio per chi guida le società più grandi, e a 120mila euro quello per le aziende più piccole. Proprio queste ultime sono nel mirino della riforma Madia, che per le aziende con meno di un milione di euro di fatturato prevede direttamente la dismissione, e dovrebbero essere le più penalizzate anche sul piano degli stipendi. Per i numeri definitivi che saranno proposti dall’Economia bisogna aspettare ancora qualche giorno, perché al vaglio ci sono diverse ipotesi messe alla prova sui database ministeriali per valutarne gli effetti. Tra le opzioni ci sarebbe quella di fissare poco sotto i 100mila euro il limite nelle aziende “minori”, ma non sono da escludere scelte anche più rigide.
Oltre che agli stipendi di amministratori e dirigenti, il decreto dovrebbe indicare i limiti alle buste paga dei dipendenti, almeno secondo quel che prevede la riforma, ma la materia è ovviamente contrattuale e difficilmente
LA PARTE VARIABILE Andranno definite anche le nuove regole per la parte variabile della retribuzione: non potrà essere pagata in caso di risultati negativi
troverà spazio nel provvedimento. Per i manager invece, andranno definite anche le nuove regole per la parte variabile della retribuzione, che è compresa nei tetti massimi e non potrà essere pagata in caso di risultati negativi “imputabili alla responsabilità degli amministratori”: una precisazione, quest’ultima, che serve a escludere dalla penalizzazione i dirigenti impegnati in piani di risanamento destinati a sfociare in utili solo dopo qualche anno.