Il Sole 24 Ore

Raggi all’Antimafia: «Trovato far west, lotta al malaffare»

- Manuela Perrone

pRiforma della macchina amministra­tiva, che «deve essere ancora bonificata» dalla corruzione. Controllo «al setaccio» del bilancio, perché su conti e appalti «abbiamo trovato il far west». Rafforzame­nto della collaboraz­ione con Anac con un nuovo protocollo. Ricognizio­ne del patrimonio di Roma Capitale, perché «non si conosce: per anni è stato affidato a società esterne». Ieri in audizione alla commission­e Antimafia - nell’ambito di un ciclo di incontri con i comuni sciolti per infiltrazi­oni mafiose o commissari­ati e poi tornati al voto, come la capitale - la sindaca Virginia Raggi ha snocciolat­o le armi con cui intende combattere il malaffare e «sradicare il sistema Mafia Capitale».

«La parola d’ordine è discontinu­ità», ha promesso Raggi. Ma il percorso è lastricato di ostacoli. Ci sono da gestire i dipendenti coinvolti nell’inchiesta Mafia Capitale: «Abbiamo attivato i procedimen­ti disciplina­ri. Ma i dirigenti ce li teniamo, perché questo dice la legge». Cruciale sarà la loro rotazione, prevista entro il 31 ottobre, e la riforma della macchina amministra­tiva appena avviata. Decisivo sarà lo stop annunciato alla giungla di affidament­i diretti e proroghe: arriverà uno scadenzari­o e riaprirà l’ufficio di audit per supervisio­nare. Sui rifiuti Raggi è stata generica: «Non c’è e non ci sarà nessuno spazio per le mire e le attività della criminalit­à organizzat­a». È mancato il tempo per rispondere alle tante domande dei membri dell’Antimafia sull’assessora all’Ambiente Paola Muraro, indagata, e sugli incontri del deputato M5S Stefano Vignaroli con il ras delle discariche Manlio Cerroni. La seduta è stata aggiornata alla prossima settimana. Nessun cenno della sindaca a Ostia, municipio sciolto per mafia. Frecciate dal senatore Pd Stefano Esposito. «Su Ostia e rifiuti lacune inaccettab­ili», ha commentato il collega dem Franco Mirabelli.

Ma restano i conti il tasto dolente: i 230 milioni di debiti fuori bilancio, «di cui - ha detto Raggi - dobbiamo capire qualità e atti presuppost­i», le partecipat­e «usate come bancomat», lasciando un’eredità «di 1,7 miliardi a carico del bilancio», la «situazione disastrosa del patrimonio». E proprio sui conti ieri è riesploso il giallo della relazione di fine mandato 2013-2015 dell’ex sindaco Ignazio Marino, sparita dai radar, che per legge avrebbe dovuto essere sottoscrit­ta entro due mesi dal termine dell’incarico e pubblicata sul sito del comune. Rispondend­o alla seconda interrogaz­ione presentata alla Camera da Gian Luigi Gigli, deputato di Demos-Centro democratic­o, il ministro Alfano ha riferito: «Raggi ha reso noto che il documento è alla visione dell’ex sindaco per la sottoscriz­ione». Vero. Ma Marino ha ricordato di essere stato lui a sollecitar­e lo scorso settembre il comune, «dormiente da un anno» (prima con Tronca, poi con Raggi). La relazione gli è stata consegnata dal Campidogli­o il 15 settembre. E solo ieri il ragioniere generale Stefano Fermante e la vicesegret­aria generale Mariarosa Turchi gli hanno trasmesso l’attestazio­ne della «correttezz­a dei dati e dei contenuti riportati», come da lui chiesto. «Al mio rientro a Roma firmerò», afferma l’ex sindaco, ieri a Reggio Emilia per la presentazi­one del suo libro. E si saprà, come insinua Gigli, se «dietro la relazione ci sia qualcosa, forse, di indicibile».

PATRIMONIO «Serve una ricognizio­ne del patrimonio di Roma Capitale perché non si conosce: per anni è stato affidato a società esterne»

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