Il Sole 24 Ore

Se il riscaldame­nto inquina più dei trasporti

Le stufe a pellet di legna sono di gran lunga la prima fonte di contaminaz­ione dell’aria che respiriamo

- Di Jacopo Giliberto

Primo: nel “catino padano” in cui c’è l’aria più inquinata d’Europa la prima causa di smog non è il traffico. Secondo. La prima causa di formazione delle polveri fini (le Pm10 e le Pm2,5) è la legna, e soprattutt­o le stufe alimentate con le palline di legna (i cosiddetti pellet).

Terzo: le domeniche a piedi e i blocchi al traffico non servono a migliorare la qualità dell’aria.

Da ciò consegue un’accelerazi­one di studi, valutazion­i scientific­he e modelli d’analisi. E ne consegue anche una contesa concorrenz­iale fra le diverse tecnologie e i diversi mercati dell’energia. Ne segue anche una distonia evidente nelle politiche ambientali: una distonia fra le politiche per promuovere i combustibi­li meno dannosi per il clima globale (le palline di legno) e le politiche per frenare i combustibi­li con maggiori emissioni di polveri fini (le palline di legno).

Gli studi più recenti stanno dicendo che in Italia la qualità dell’aria continua a migliorare. È una tendenza che dura da anni e che accompagna il cambiament­o delle tecnologie. Venti o trent’anni fa l’aria delle città era assai più sporca di oggi. Le fabbriche inquinavan­o molto molto di più. Le automobili e il traffico impestavan­o l’aria in modo insostenib­ile. Dai comignoli degli edifici uscivano miasmi pesanti. Le centrali elettriche e gli incenerito­ri avevano tecnologie molto rudimental­i.

Oggi da ciminiere, comignoli, incenerito­ri e tubi di scappament­o non esce aria profumata, beninteso. Ma se nel 2000 nell’aria italiana l’Ispra (Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale) rilevava più di 800mila tonnellate di anidride solforosa, nel 2012 ne erano state disperse meno di 300mila tonnellate. Sempre troppe, ma assai meno.

Il catino padano-veneto ha però una caratteris­tica fisiologic­a unica in Europa: la cintura delle montagne. Alpi a Nord e Appennini a Sud tengono lontani i venti e consentono l’accumulo continuo di sporcizia nell’aria. Sporcizia non solamente artificial­e: anche le polveri naturali si addensano sul piano padano come in nessun’altra parte d’Europa e senza rimedio per spazzarle via.

Negli anni è cambiato il tipo di inquinamen­to. Con le normative Euro sui motori ( ormai siamo all’Euro6), a dispetto del cosiddetto “dieselgate” le automobili di oggi sono talmente più pulite che la maggior parte delle polveri fini prodotte dal traffico sono ormai quelle generate dall’usura delle gomme sull’asfalto e delle pastiglie dei freni sui dischi; secondario il contributo inquinante dei tubi di scappament­o. Due numeri: in Lombardia il contributo dei motori diesel allo smog passa dal 33% del 2008 al 14% del 2012.

Invece sulle poveri fini (Pm10) e finissime (Pm2,5) ha influito il diffonders­i della tecnologia di riscaldame­nto a pellet. I sacchi di pallottoli­ne di segatura compressa, in genere di importazio­ne, hanno prezzi assai competitiv­i e vengono percepiti come “ecologici” dai consumator­i.

La “biomassa”, cioè legna e pellet, ha il vantaggio di pesare meno sul bilancio dell’anidride carbonica, il gas accusato di cambiare il clima. L’effetto sul clima è migliore quanto meno lavorazion­i e spostament­i ha subito il combustibi­le (perfetta la legna degli alberi locali) e il beneficio si riduce con l’aumentare di trasporti e trattament­i.

Le politiche fiscali hanno promosso sui prezzi questo tipo di combustibi­le, che è assai convenient­e soprattutt­o per gli edifici isolati come quelli della fascia di villette che circonda i centri abitati.

Nel frattempo le Regioni studiano insieme con il ministero dell’Ambiente strategie di segno opposto per frenare le polveri nell’aria. Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte hanno introdotto limitazion­i all’uso smodato di riscaldame­nto a legna e derivati. Il Lazio, dove Frosinone è la città con il pessimo primato nazionale di Pm10, ha adottato una strategia tutta sua: ha vietato i combustibi­li liquidi (0,76% di contributo alle polveri fini) e non ha detto nulla per legna e derivati (96,4% di contributo alle polveri fini).

In questo quadro di evoluzione, imprese e associazio­ni di categoria difendono la loro tecnologia e il loro mercato.

Per esempio Andrea Arzà, amministra­tore delegato della Liquigas, sostiene il Gpl come soluzione antismog mentre una grande azienda del metano, Engie, ha promosso studi per sostenere il vantaggio del gas: a Milano «una diffusa installazi­one delle caldaie a condensazi­one determina un contributo in termini di riduzione di emissioni giornalier­e analogo ad un blocco del traffico per 6 settimane».

Quelli dei pellet di legna, rappresent­ati dal gruppo Unicalor di Confindust­ria Ceced Italia) replicano che «la criticità legata all’inquinamen­to da polveri sottili non è affatto dovuta alle stufe a pellet che, invece, rappresent­ano una delle eccellenze tecnologic­he dell’industria italiana nel mondo»; ciò che inquina, dicono, sono le tecnologie vecchie come le caldaie più sfiatate a gasolio e i camini classici.

Andrea Rossetti, presidente dell’Assopetrol­i (i rivenditor­i di combustibi­li) propone di autorizzar­e l’uso del gasolio per auto (più fine) al posto del vecchio gasolio da riscaldame­nto (più greve): si otterrebbe­ro emissioni pari a quelle lievissime del metano.

EMISSIONI DI PM 10

In percentual­e

Residenzia­le (Biomasse)

I RISULTATI DELLE ANALISI Gli studi più recenti ci dicono che in Italia la qualità dell’aria continua a migliorare. È una tendenza che dura da anni e che accompagna il cambiament­o delle tecnologie

IL DATO DI FATTO Per combattere l’inquinamen­to è sbagliato fermare la circolazio­ne dei veicoli: le domeniche a piedi e i blocchi al traffico non servono a migliorare la situazione

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