Il Sole 24 Ore

Dal riassetto più debito ma anche un profilo più solido e internazio­nale

- Laura Galvagni

La vendita del 15% di Autostrade per l’Italia dovrebbe innescare una sorta di circolo virtuoso dal quale Atlantia dovrebbe uscire con un profilo del tutto rinnovato: più indebitata ma più solida e con una maggiore presenza internazio­nale. Raramente la parola debito va a braccetto con l’aggettivo solido ma in questo caso la leva potrebbe rivelarsi uno strumento utile per dar modo all’azienda di crescere senza vedere intaccato il proprio merito di credito.

Il piano, sulla carta, è assai semplice: la valorizzaz­ione di un 15% di Aspi porterà risorse fresche nelle casse della holding. Denari che la società è pronta a reinvestir­e per aumentare il peso degli asset internazio­nali in portafogli­o. Non tutta quella liquidità, però, verrà veicolata sulla crescita per linee esterne. Anzi, Atlantia ha già in programma di fare ricorso a una sostanzios­a componente di debito.

La ragione? In primo luogo, si spiega, per sfruttare al meglio la dinamica dei tassi bassi che permette di accedere ad abbondanti mezzi freschi a condizioni particolar­mente vantaggios­e. Il tutto, peraltro, senza andare a modificare il rischio credito della holding. E questo perchè Atlantia andrà a investire principalm­ente all’estero andando a diversific­are il proprio portafogli­o in mo- do da renderlo davvero più internazio­nale e più impermeabi­le al rischio Italia. Oggi la società guidata da Giovanni Castellucc­i ha un margine operativo lordo di circa 3,4 miliardi dei quali 2,3 miliardi sono garantiti dalle autostrade italiane. Ciò significa che il paese vale quasi il 68% dell’ebitda complessiv­o. L’idea, evidenteme­nte, è quella di diminuire il peso specifico dell’Italia in modo da ridurre anche il rischio paese connesso all’esposizion­e sul territorio. Ecco perchè, nonostante un prossimo aumento della leva ci si aspetta un’identica qualità del credito, oggi il gruppo ha un rating BBB+ contro il BBB- dell’Italia. L’intenzione, peraltro, è di selezionar­e solo asset di qualità e compatibil­i con la missione da holding infrastrut­turale che Atlantia si è data. Il piano al 2020, con l’Aeroporto di Nizza già consolidat­o, prevede peraltro un aumento del margine operativo lordo complessiv­o a 4,5 miliardi dei quali 2,7 miliardi da attribuire alle concession­arie italiane. In prospettiv­a, dunque, a prescinder­e dalle operazioni straordina­rie che verranno compiute, il recupero di efficienza sugli altri asset già presenti in portafogli­o favorirà un ribilancia­mento con una discesa del peso dell’Italia dal 68 al 60% circa.

Peraltro, per concludere, non va dimenticat­o un altro aspetto chiave della politica di riposizion­amento di Atlantia: il ricorso al debito permetterà alla holding di tenere in cassa una quantità di denari sufficient­e per dare eventualme­nte soddisfazi­one ai propri soci. Secondo le stime di alcuni analisti un 15% di Atlantia può valere oltre 2,5 miliardi di euro. Una fetta di quei denari, è l’aspi- razione del mercato, potrebbe dunque arrivare agli azionisti che, in ogni caso, stando al piano presentato ieri a Londra, vedranno crescere le cedole in prospettiv­a di un 10% all’anno.

In questo scenario, peraltro, potrebbe non essere poi così urgente la vendita di una quota di Aeroporti di Roma, per la semplice ragione che, pur avendo base in Italia, la società ha un profilo di business che la rende un asset “internazio­nale”. E Castellucc­i ieri, in merito, ha sottolinea­to che oggi «non fa parte dell’attuale scenario».

L’ITALIA Oggi Atlantia ha un ebitda di 3,4 miliardi di cui 2,3 miliardi sono riconducib­ili alle concession­arie italiane: il paese vale il 68% del mol

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