Il Sole 24 Ore

Edilizia, doppio reato senza tenuità

La violazione di due norme penali della stessa specie esclude la non punibilità Solo contravven­zione se il soppalco abusivo è di dimensioni contenute

- Patrizia Maciocchi

pEsclusa la particolar­e te

nuità del fatto per chi costruisce un soppalco, alzando il tetto, e apre due punti luce sulla facciata esterna di un palazzo situato in una zona sottoposta a vincolo paesaggist­ico. Il tutto senza la Dia e senza il permesso di costruire. La violazione contempora­nea di due disposizio­ni di legge relative a reati della stessa specie sbarra la strada alla non punibilità, prevista dall’articolo 131-bis del Codice penale, nei casi in cui l’offesa al bene tutelato sia lieve.

La Corte di cassazione, con la sentenza 44319, respinge tutte le giustifica­zioni dell’autore degli abusi, che aveva di fatto creato all’interno del suo palazzo un vero e proprio piano ammezzato, con una scala interna che portava al soppalco “intermedio” alto 2 metri e 30, dotato di due bagni e di un paio finestre “lucifere” prive di affaccio ma visibili dall’esterno dell’immobile. Per fare il soppalco i solai di copertura erano stati alzati di almeno mezzo metro, una circostanz­a che aveva indotto il vicino a costitu- irsi parte civile per i danni. Malgrado il ricorrente abbia avuto torto su tutti i punti, la Cassazione annulla la sentenza impugnata per quanto riguarda la sanzione. Un “benefico” effetto della sentenza della Corte costituzio­nale (56/2016) in virtù della quale il delitto paesaggist­ico, se con l’abuso non si verifica un aumento volumetric­o superiore a quanto indicato dalla norma (articolo 181, comma 1 bis, del Dlgs 42/2004) é “derubricat­o” a semplice contravven­zione.

Ma, anche se la pena è abbattuta, la condotta non può restare impunita, come sarebbe accaduto se i giudici avessero accolto la richiesta di applicazio­ne dell’articolo 131-bis del Codice penale.

Per la Cassazione, corretta- mente, la Corte di merito aveva escluso che nel caso di creazione di un nuovo piano abitabile, si possa parlare di offesa di particolar­e tenuità. Sul punto i giudici di merito avevano respinto la tesi della difesa secondo la quale l’altezza di 2,30 metri avrebbe escluso l’abitabilit­à, a fronte di una previsione di legge che fissa la soglia minima a 2 metri e 70. Secondo la Cassazione, infatti, i 40 centimetri in meno sono certamente di ostacolo all’agibilità, ma non impediscon­o al proprietar­io dell’immobile di vivere comodament­e nel suo ammezzato con doppi servizi.

La tenuità del fatto, abitabilit­à a parte, non avrebbe comunque potuto essere riconosciu­ta, perché erano state violate in contempora­nea più disposizio­ni della legge penale: il Codice sui beni paesaggist­ici (articolo 181, Dlgs 42/2004) e il Testo unico sull’edilizia (articolo 44, lettera c, Dpr 380/2001). L’articolo 131bis del Codice penale non può essere applicato, quando l’imputato commette più reati della stessa indole, o infrange più volte «la stessa o diverse disposizio­ni penali sorrette dalla mede- sima “ratio punendi”». Per la Suprema corte è la stessa norma a considerar­e il fatto nella sua dimensione “plurima”: una valutazion­e d’insieme che rende irrilevant­e l’eventuale particolar­e tenuità dei singoli segmenti in cui questo si articola. Non passa neppure la questione sollevata dalla difesa sulla legittimaz­ione del vicino, che non aveva provato alcun danno, a costituirs­i parte civile. La Suprema corte spiega, infatti, che non è necessario fornire la dimostrazi­one del pregiudizi­o subìto. Nel caso di abusi edilizi il proprietar­io confinante può costituirs­i parte civile non solo se vengono violate le norme civili che regolano le distanze tra le costruzion­i, ma anche nel caso di inosservan­za di queste indipenden­temente dalle distanze. Trasferend­o il principio al caso esaminato, l’innalzamen­to del solaio con conseguent­e aumento della volumetria abitabile e del carico urbanistic­o, fatto violando le norme sulle costruzion­i, era potenzialm­ente idoneo a produrre un danno al vicino. Tanto basta per affermare il diritto al risarcimen­to.

LE CONSEGUENZ­E Innalzare di 50 centimetri il tetto può essere idoneo a creare un danno al vicino, che può chiedere risarcimen­ti senza dare prove aggiuntive

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