Il Sole 24 Ore

Servizi pubblici, il Parlamento spinge sulle incompatib­ilità

«Non penalizzar­e l’in house»

- Gianni Trovati

pEvitare penalizzaz­ioni all’in house rispetto agli affidament­i con gara e applicare subito la nuova griglia di incompatib­ilità e inconferib­ilità, che impedisce di affidare incarichi di gestione, amministra­zione e controllo di servizi pubblici agli amministra­tori degli enti che esercitano funzioni di controllo o di stazione appaltante. Sono le due richieste più importanti contenute nei pareri votati ieri dalle commission­i Affari costituzio­nali di Camera e Senato sul decreto che fissa le nuove regole di gestione dei servizi pubblici locali, provvedime­nto parallelo a quello sulle partecipat­e nell’ambito dell’attuazione della riforma Madia. I pareri sono favorevoli, ma accompagna­ti da alcune “condizioni” che pur non direttamen­te vincolanti possono ostacolare l’approvazio­ne finale in caso di mancato accoglimen­to. Procedure a parte, è l’indirizzo politico espresso nei pareri a “dettare la linea” del Parlamento, di cui il governo dovrà tenere conto nel testo finale.

Sull’ambito di applicazio­ne, i deputati chiedono di precisare meglio una serie di integrazio­ni con le discipline di settore, ma sul punto le novità più importanti arriverann­o direttamen­te dal governo con l’esclusione del servizio idrico dalle novità, confermata ancora ieri dalla ministra per la Pa, Maria Anna Madia.

Sugli affidament­i, i tentativi di stretta all’in house rimasti nel testo vengono bocciati. La riforma, si legge nel parere della Camera, deve «escludere ogni forma di gerarchia tra i diversi modelli di affidament­o dei servizi», per allinearsi alla disciplina europea e alla ricca giurisprud­enza amministra­tiva e costituzio­nale che ha accompagna­to i precedenti ten- tativi di liberalizz­azione. In pratica, significa cancellare l’articolo 7, comma 3, del decreto, che agli enti intenziona­ti agli affidament­i diretti imporrebbe di provare puntualmen­te che la scelta non è «comparativ­amente svantaggio­sa» rispetto alla gara. In cambio si propone di accompagna­re tutti gli affidament­i, a gara, ad azienda speciale o diretti, con una delibera motivata che dia conto delle ragioni economiche della scelta, quindi con una formula più flessibile e meno penalizzan­te per le alternativ­e alla gara.

Il decreto estende poi incompatib­ilità e inconferib­ilità degli incarichi, regole che provano a evitare i conflitti di interesse fra le amministra­zioni locali che affidano i servizi e le aziende che li gestiscono. I primi passi in questo senso erano stati fatti nel 2013 con i decreti Severino, che si concentrav­ano però sulle porte girevoli fra enti proprietar­i e partecipat­e con l’obiettivo di fermare l’utilizzo dei cda come opportunit­à per i politici reduci da insuccessi elettorali. La riforma vuole invece evitare incroci tra affidament­o e gestione, chiudendo tutti gli incarichi (anche le consulenze) che hanno a che fare con la gestione del servizio a chi abbia ricoperto negli ultimi due anni incarichi politici o dirigenzia­li non solo negli enti proprietar­i delle società, ma anche in quelli che regolano, affidano o vigilano sul servizio. L’ambito dei divieti, insomma, si allarga , e i parlamenta­ri chiedono di applicare le novità anche agli incarichi in corso, e non solo a quelli futuri. Mossa complicata da coordinare con il Codice civile, con il rischio di produrre un’ondata di ricorsi dagli esiti non difficili da prevedere.

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