Il Sole 24 Ore

Indici contrattua­li anti-caporalato

Con la nuova legge tutelati anche i lavoratori assunti ma con retr ibuzione sproporzio­nata r ispetto al lavoro prestato Per valutare lo sfruttamen­to fanno prova le condizioni dei patti collettivi e territoria­li

- Virginio Villanova

pLa legge sul caporalato, approvata martedì scorso dalla Camera in via definitiva (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri), apporta profonde novità al testo dell’articolo 603 bis del Codice penale, operando la separazion­e tra intermedia­zione illecita e sfruttamen­to dei lavoratori.

Il caporalato è un triste fenomeno, storicamen­te presente in agricoltur­a, che esprime nei fatti due condotte delittuose: da un lato quella del caporale ,che recluta i lavoratori e li colloca presso il datore di lavoro, dall’altra quella del datore di lavoro, che si approfitta dello stato di bisogno per sfruttare i lavoratori sottopagan­doli dopo averli sottoposti a condizioni di lavoro particolar­mente faticose.

E questa distinzion­e segna la principale novità apportata dalla legge, che fa dell’approfitta­mento (lo sfruttamen­to) dello stato di bisogno dei lavoratori l’elemento carat- teristico della condotta criminosa.

Dello stato di bisogno del lavoratore si approfitta sicurament­e il caporale quando trasporta i lavoratori dai punti di ritrovo, spesso le stazioni ferroviari­e o le tendopoli, fino ai campi di raccolta, chiedendo per tali “servizi” forme di ricompensa direttamen­te ai lavoratori.

Molto cambia nel nuovo testo dell’articolo 603 bis per il datore di lavoro, ossia colui che utilizza, assume o impiega manodopera per sfruttarla in ragione del suo stato di bisogno, anche senza l’intermedia­zione illecita del caporale. Quest’ultima non è più richiesta perché si realizzi la condotta illecita, così come non è più richiesto che il lavoratore sia in nero, ben potendo essere un lavoratore regolarmen­te assunto, del cui stato di bisogno, però, il datore si approfitti.

Perché si configuri lo stato di bisogno occorre che si realizzi uno degli indici previsti al comma 2, punti da 1) a 4) dell’articolo 603-bis del Codice penale( retribuzio­ne difforme dai Ccnl, mancato rispetto dell’orario di lavoro o delle condizioni di sicurezza, controllo dei lavoratori).

Allo sfruttamen­to del lavoro si aprono così le porte dei laboratori, delle stalle e delle cucine dei ristoranti, ossia di tutti i luoghi dove il lavoratore è in stato di bisogno e viene sfruttato.

Tutto questo chiede un nuovo approccio agli ispettori e a chi si occupa di vigilanza per capire quando e in che modo possa essere contestata la violazione dello sfruttamen­to del lavoro.

Il primo indice dello sfruttamen­to, è dato dal corrispond­ere al lavoratore una retribuzio­ne palesement­e difforme da quella prevista dai contratti collettivi nazionali o territoria­li stipulati dalle organizzaz­ioni sindacali più rappresent­ative a livello nazionale o comunque sproporzio­nato rispetto alla qualità e alla quantità del lavoro prestato. Anche in questo caso troviamo il rinvio ai contratti leader quale riferiment­o per la retribuzio­ne adeguata anche se c’è un rinvio alla quantità e alla qualità del lavoro prestato (di chiaro sapore costituzio­nale), che sembrerebb­e quasi recuperare gli altri contratti che leader non sono.

Tuttavia, il palesement­e difforme o la sproporzio­ne segna una distanza dalla retribuzio­ne del contratto leader che va misurata in termine percentual­i (30-40-5060%) dall’ispettore per essere poi trasmessa al magistrato perché valuti quando lo scostament­o possa qualificar­e la condotta come illecita, applicando le conseguent­i sanzioni penali.

Lo stesso si dica per il mancato rispetto dell’orario di lavoro, dei congedi o delle ferie e delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, queste ultime in verità più facili da riscontrar­e nelle for-

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