Il Sole 24 Ore

Salvini-Cavaliere, la lotta dietro il «no»

- di Lina Palmerini

Colpiva, ieri, sentire Matteo Salvini rimettere sul tavolo la questione della sua leadership nel centro-destra. In sostanza il segretario leghista ha detto che, sulla base dei sondaggi, la guida spetta a lui e che Silvio Berlusconi deve prenderne atto. Parole piuttosto spiazzanti perché sono arrivate lo stesso giorno in cui si è svolto il primo vertice tra lui e il Cavaliere dopo giorni di attesa e anche di polemiche a distanza. Se quindi l’incontro di ieri serviva a ricompatta­re il fronte del “no”, perché Salvini ha voluto mettere un dito nell'occhio dell’anziano leader?

Probabilme­nte è già cominciata la corsa a intestarsi la vittoria del «No» o comun- que di quei voti che andranno sul «No» qualsiasi sarà l’esito referendar­io. E, al momento, quello che raccontano i sondaggi, è che la riforma non piace al NordEst e al Sud dove il «Sì» appare indietro. Ma se nel Mezzogiorn­o la vittoria verrebbe intestata più ai grillini che alla destra, è nel Nord-Est che la Lega può rivendicar­e una forza politico-contrattua­le. La ragione è anche evidente: il tema della ricentrali­zzazione di alcune competenze, prevista dalla riforma costituzio­nale, va contro un'idea federalist­a che è ancora una bandiera del Carroccio e che è molto sentita nel Veneto - grazie anche al Governator­e Zaia - e nelle zone vicine.

Insomma, se le scorse amministra­tive sono state il flop di Salvini che non ha sfondato al Sud e ha perso perfino a Milano contro Forza Italia, il referendum diventa il secondo turno della sfida per la leadership. L’occasione per chiudere una partita che, proprio dopo i deludenti risultati del segretario leghista, si è arricchita di un nuovo competitor: Stefano Parisi. Ed è quindi contro Berlusconi e contro la sua opzione-Parisi che Salvini parlava rimettendo in campo un'idea di destra a trazione leghista, euroscetti­ca e populista.

Ma il leader leghista ha solo inaugurato una gara che presto sarà più evidente. Quella del chi vince se vince il «No». O anche se sfiora la vittoria. Se infatti il «Sì» al referendum ha solo Renzi come vincente o perdente della sfida, dall’altra parte ci sono tre partiti più grandi - 5 Stelle, Lega e Forza Italia - poi Sinistra italiana e la minoranza Pd, più tanti protagonis­ti politici di varie estrazioni che rendono piuttosto affollata la fotografia dei vincenti. E non sarà un dettaglio distribuir­e i pesi politici soprattutt­o se all’indomani del referendum sarà necessario mettere in campo una soluzione per proseguire la legislatur­a e fare una nuova legge elettorale. Ed è già chiaro che le idee tra Berlusconi e Salvini divergono: il Cavaliere non ha escluso un nuovo Esecutivo di larghe intese, il leader leghista sembra con- trario. E sul nuovo Italicum non si è ancora aperto un confronto ma le convenienz­e potrebbero essere differenti. Dunque, l’analisi del voto popolare a questo servirà: a dare forza alle opzioni dell’uno o dell’altro.

Il conto dei «No», la distribuzi­one geografica, diventeran­no una bussola in Parlamento e dentro i partiti per determinar­e nuovi scenari e battaglie interne. Salvini ieri si è portato avanti.

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