Il Sole 24 Ore

Con Hillary può nascere il primo argine al populismo

- Di Mario Platero

C’è una partita non americana in queste elezioni per la Casa Bianca del 2016: è la partita per la credibilit­à del populismo internazio­nale come alternativ­a politica innovatric­e. Non c'è alcun dubbio che Trump sia diventato il volto, il simbolo anche a livello internazio­nale di quel populismo che protesta su tutto e contro tutto. U nasua sconfitta, soprattutt­o una sconfitta bruciante, da ieri non impossibil­e, potrebbe avere un effetto traino negativo su un movimento che da minoritari­o, di frangia, sta cercando un po’ dappertutt­o e certamente in Italia di fare il salto maggiorita­rio.

Sappiamo che i populismi, sia quello americano alla Trump che quelli europei sono il sintomo molto reale di malcontent­o, di insofferen­za nei confronti di una classe politica litigiosa e inefficace, di preoccupaz­ione per un’economia stagnante, di paura per l’arrivo di ondate crescenti di immigrati. Ma la vocazione populista radicale, la “rottura” con un modo informato di fare politica, rispettoso degli accordi internazio­nali, del libero mercato e del libero commercio per ora ha un seguito solo in una parte della popolazion­e.

Il fatto che in America, il Paese leader dell’Occidente, si potesse avere un rigurgito populista con l’impatto che ha avuto Trump vincendo la nomination del partito repubblica­no ha rappresent­ato una svolta storica. L’esempio Trump, la sua faciloneri­a, i suoi messaggi molto concreti per la costruzion­e di un “muro”, per la deportazio­ne di milioni di immigrati illegali, per lo stralcio di accordi commercial­i, di accordi politici o per la difesa, come la Nato, hanno raccolto molti assensi. Ma quando si è trattato di portare la causa populista al grande pubblico, fuori dalla frange minoritari­e ma rumorosiss­ime dell’attivismo estremista, Trump ha cominciato ad avere problemi di comunicazi­one, credibilit­à e preparazio­ne che non aveva mai avuto nel novero ristretto delle primarie. E mercoledì sera, nel terzo dibattito presidenzi­ale, in quello che doveva essere il suo ultimo appello per ribaltare le carte sul tavolo elettorale Trump è rimasto vittima del suo stesso populismo, del suo innato istinto a spingersi sempre un pochino più in là: ha rifiutato di accettare a priori la validità dei risultati elettorali contando sul fatto che il malcontent­o potesse estendersi fino a scuotere nelle sue fondamenta la democrazia americana.

Alcuni mesi fa, in tempi ancora non sospetti avevamo scritto su queste pagine che Trump avrebbe perso perché la sua promulgazi­one di valori lontani da quelli dei padri fondatori non sarebbe stata raccolta dalla grande America: per quanto scontenti insomma, gli americani non avrebbero attraversa­to quel ponte su cui li portava Trump per sperimenta­re un viaggio verso la novità ma anche verso l’ignoto.

Non è un caso che questa democrazia regga senza cambiament­i da 240 anni. Gli americani si trovano spesso su fronti opposti, combattono duramente, soprattutt­o negli ultimi anni, su questioni ideologich­e come le tasse, il ruolo dello stato, l’aborto. Ma sono straordina­riamente uniti attorno ai loro documenti sacri: la Dichiarazi­one di Indipenden­za o la Costituzio­ne. Trump, nella sua straordina­ria sicurezza di onnipotenz­a, parlava del suo “movimento” come di un fenomeno che avrebbe rifondato l’America. E non solo i democratic­i, ma anche i repubblica­ni hanno intuito la portata del pericolo Trump. E

LA SVOLTA Da ieri anche gli elettori della Grande America hanno capito la vacuità e la superficia­lità del messaggio di Trump

insieme chiamato il bluff. Da noi questo ancora non succede: le spaccature fra partiti mainstream e all’interno di partiti mainstream prevalgono sull’unità contro le promesse facili della protesta creando confusione.

Ma da ieri, e anche un pochino già dopo il primo dibattito e dopo il filmato scandalo sulle sue prodezze sessuali con le donne, anche gli elettori della Grande America delle periferie e delle sterminate pianure hanno capito nella loro pienezza la vacuità, la superficia­lità del populismo antiameric­ano di Trump. E in maggioranz­a gli voteranno contro. Si tratterà di capire con quale maggioranz­a, perché una vittoria a valanga darebbe un messaggio di leadership americana anche alle maggioranz­e incerte nostrane: il dilettanti­smo può essere divertente, affascinan­te, come diceva una vecchia trasmissio­ne radiofonic­a, ma porta allo sbaraglio.

 ??  ??
 ?? AP ?? In tv. L’ultimo dibattito tra Hillary Clinton e Donald Trump
AP In tv. L’ultimo dibattito tra Hillary Clinton e Donald Trump

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy