Il Sole 24 Ore

I vantaggi della prevedibil­ità

- Di Donato Masciandar­o

Le decisioni di ieri della Banca centrale europea (Bce) non hanno riservato sorprese; meno male. L’Unione Europea ha la fortuna di avere una banca centrale che segue una regola monetaria, e quindi non deve sorprender­e, ma guidare.

Per cui, se non esistono fatti sostanzial­i che incidono sulle variabili rilevanti, la direzione non muta. È il modo più corretto di essere “dipendenti dai dati”: è la differenza tra la regola flessibile della Bce e la discrezion­alità destabiliz­zante ed autorefere­nziale della banca centrale americana (Fed).

Negli ultimi due giorni i media hanno dato notevole risalto alle notizie legate ad un risveglio dei prezzi al consumo, a cui avrebbe potuto essere correlato un cambiament­o anche nell’Unione dell’atteggiame­nto della politica monetaria. Ma era una incertezza che potevano nutrire solo coloro che hanno una conoscenza superficia­le della strategia della Bce.

È inevitabil­e che, se i prezzi bassi vanno mano per la mano con una crescita economica ancora acerba, i riflettori continuano ad essere puntati sulla Bce. In tempi normali, la Bce avrebbe già fatto da tempo il massimo che una banca centrale può fare: portare verso il basso i tassi di interesse ed innescare quella catena che porta dalla maggiore liquidità a maggiori consumi ed investimen­ti. Ma la catena in Europa si è rotta: la crisi finanziari­a ed economica ha reso tutti gli operatori particolar­mente avversi al rischio, per cui la politica monetaria aggressiva non ha trasmesso il suo impulso all’economia in modo significat­ivo, stabile ed irreversib­ile.

Allora la Bc aveva ed ha una sola strada: influenzar­e nella direzione giusta le aspettativ­e di inflazione, in modo da riaggiusta­re definitame­nte la rotta che va dalle sue scelte di politica monetaria alle decisioni dell’economia reale. Purtroppo il ritorno sulla giusta rotta deve fare i conti con due scogli importanti.

Il primo scoglio riguarda la politica monetaria: quale è il colpo di timone giusto per convincere gli attori economici che il rischio disinflazi­one, o peggio deflazione, è definitame­nte tramontato? La strategia della Bce è sottoposta a continue pressioni centripete.

Da un lato i falchi, che ritengono che la politica monetaria ultra espansiva disegnata finora sia più che sufficient­e, anzi forse già eccessiva. Il sistema sta tornando verso la normalità, i segnali che arrivano dal fronte dei prezzi vengono ritenuti credibili e duraturi, quindi una ulteriore accentuazi­one dell’atteggiame­nto espansivo sarebbe un grave errore: avrebbe un effetto destabiliz­zante sulle aspettativ­e, dando un segnale di permanenza della situazione di emergenza; aumentereb­be ulteriorme­nte i rischi di instabilit­à finanziari­a.

Le colombe invece hanno per la Bce una critica opposta: il cosiddetto risveglio dei prezzi al consumo ha natura episodica, quindi il ritorno alla normalità ha bisogno di un robusto colpo di timone. Bisogna creare uno shock sulle aspettativ­e di inflazione, che dia un segnale di radicalizz­azione della politica monetaria espansiva: può essere un cambiament­o

GUIDANCE Se non esistono fatti sostanzial­i che incidono sulle variabili rilevanti, allora la direzione non muta

dell’obiettivo – l’inflazione deve essere intorno, non necessaria­mente sotto, il due per cento, oppure deve essere esplicitam­ente maggiore, come minimo quattro per cento – o negli strumenti – riducendo ad esempio quei vincoli che nei fatti ancora separano le scelte di politica monetaria della BCE dalla politica fiscale, europea e dei singoli stati.

E poi c’è un secondo scoglio: per tornare sulla rotta giusta è sufficient­e un colpo di timone, più o meno robusto, della Bce, oppure senza cambiament­i delle altre politiche economiche le aspettativ­e di inflazione rimarranno anemiche?

Di fronte a due scogli così rilevanti, le scelte estreme implicano una forte dose di assunzione del rischio. La scelta prudente della Bce è stata quella di continuare con una regola flessibile e prevedibil­e, che per certo ha il vantaggio di aumentare la stabilità del sistema. Agli antidoti della discrezion­alità destabiliz­zante ed autorefere­nziale che caratteriz­za invece l’altra maggiore banca centrale, quella americana (Fed). Almeno sulla politica monetaria, un punto a favore dell’Unione.

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