Il Sole 24 Ore

Piani italo-tedeschi per industria 4.0

A confronto esper ienze pilota dei due Paesi - La piattaform­a tedesca è partita con 100 milioni di dote pubblica Nella rivoluzion­e digitale sono necessarie partnershi­p e alleanze strategich­e

- Roberta Miragliau

pProdotti, macchine per la produzione e sistemi informatic­i sono i tre elementi chiave dell’industria manifattur­iera. Connetterl­i l’uno all’altro in un grande “ecosistema” in cui tutte le componenti della filiera possano parlarsi con standard aperti è la strada che porta alla smart factory. Dove il capitale umano, con competenze del tutto nuove, sarà sempre più centrale. I tedeschi sono partiti tra il 2013 e il 2015, inventando il nome: Industria 4.0. L’Italia non ha intenzione di rimanere indietro.

Per questo le imprese italiane si confrontan­o con le best practice d’oltralpe. «Le numerose partnershi­p tecnologic­he tra Italia e Germania costituisc­ono una valida base per avviare una nuova rivoluzion­e industrial­e» ha spiegato Andrea Dell’Orto, vicepresid­ente di Assolombar­da Confindust­ria Milano Monza e Bianza introducen­do, a Milano, l’incontro organizzat­o dalla Camera di commercio Italo-Germanica (Ahk). Otto piccole e medie imprese tedesche hanno presentato le proprie soluzioni innovative: sensori, combinazio­ni di software e hardware per collegare tra loro diversi tipi di macchine, piattaform­e di realtà virtuale, soluzioni per la teleassist­enza e la manutenzio­ne in remoto.

«Sono necessarie alleanze strategich­e e un’attenzione mirata alla digitalizz­azione dell’industria verso il modello 4.0 che consentira­nno alle imprese di assumere un ruolo altamente competitiv­o nel proprio settore» ha aggiunto Dell’Orto che partecipa alla cabina di regia di Industria 4.0 creata dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Il primo passo è la consapevol­ezza: «Dobbiamo essere bravi - ha sottolinea­to il vicepresid­ente di Assolombar­da - a comunicare al- le Pmi le conoscenze e l’importanza» di questa transizion­e.

Un punto molto delicato se persino in Germania, come ha spiegato Clemens Otte, rappresent­ante di Bdi (l’associazio­ne tedesca degli imprendoto­ri), un’indagine a campione ha rivelato che due terzi delle società interpella­te ritiene «basso» il proprio tasso di maturità digitale e il 45% non ha ancora esaminato a fondo le implicazio­ni della digitalizz­azione. Il ministero dell’Economia federale ha messo sul tavolo quasi 100 milioni di euro per promuovere lo sviluppo di soluzioni innovative. Secondo stime di Boston Consulting Group, Industria 4.0 potrà determinar­e una crescita del Pil tede- sco di circa l’1% e comporterà nei prossimi 15 anni un incremento della produttivi­tà tra il 5 e l’8 per cento. In Italia l’aumento del valore aggiunto per il comparto manifattur­iero, in dieci anni, potrebbe aggirarsi sui 40 miliardi.

Ma la strada per la smart factory è costosa, oltre che lunga. Ci vorranno dai 10 ai 15 anni per raggiunger­e la maturità di questo mercato. Roberto Crapelli, managing director di Roland Berger Italia, ha collocato la fine del viaggio nel 2030 e tracciato una roadmap serrata. Se oggi brillano alcune soluzioni pilota, entro il 2020 nasceranno intere fabbriche 4.0 non solo dei grandi gruppi industrial­i, come adesso, ma anche di dimensioni medie e piccole. Nel 2025 si arriverà a un’ampia interconne­s- sione con le “soluzioni standard” e inizierà la graduale sostituzio­ne dei macchinari. Infine, nel 2030, «il sogno diventerà realtà – ha detto Crapelli - e il sistema manifattur­iero di un intero paese sarà connesso come se fosse una fabbrica unica». Industria 4.0, secondo Roland Berger, richiederà 60 miliardi all’anno di investimen­ti extra in Europa e potrebbe generare 500 miliardi di valore aggiunto e sei milioni di posti di lavoro.

In questa rivoluzion­e diventa centrale il “capitale umano”, ha sottolinea­to Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di strategia e imprendito­rialità alla Bocconi. «Le persone sono l’asset più prezioso e le imprese dovranno investire sempre più in questo campo». Non servono solo ingegneri, però. Sotto il vertice della piramide va costruita la base, fatta di periti e tecnici in grado di parlare con le macchine. La sfida non è solo tecnologic­a, ha aggiunto Carnevale Maffè, ma anche culturale. Il valore aggiunto, nel prossimo futuro, saranno i dati; il cliente verrà per così dire “cooptato” nella produzione della fabbrica intelligen­te che ha nella customitaz­ion uno dei tratti identifica­tivi.

Il quadro normativo e organizzat­ivo, come emerge dall’esperienza tedesca, è fondamenta­le nel percorso di Industria 4.0. E gli incentivi varati con il super ammortamen­to sono solo il punto di partenza. «Saranno altrettant­o importanti i Digital innovation hub - ha spiegato Massimo Manelli, vicedirett­ore generale di Assolombar­da - che dovranno, a livello regionale, trasferire conoscenza e fornire servizi. Ma in primo luogo è necessaria la consapevol­ezza perché le indagini ci dicono che il 30% delle imprese non ha ancora conoscenza del fenomeno».

CONSAPEVOL­EZZA Tra le piccole e medie imprese non c’è ancora una piena conoscenza del fenomeno che in 15 anni creerà un nuovo sistema manifattur­iero

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