Piani italo-tedeschi per industria 4.0
A confronto esper ienze pilota dei due Paesi - La piattaforma tedesca è partita con 100 milioni di dote pubblica Nella rivoluzione digitale sono necessarie partnership e alleanze strategiche
pProdotti, macchine per la produzione e sistemi informatici sono i tre elementi chiave dell’industria manifatturiera. Connetterli l’uno all’altro in un grande “ecosistema” in cui tutte le componenti della filiera possano parlarsi con standard aperti è la strada che porta alla smart factory. Dove il capitale umano, con competenze del tutto nuove, sarà sempre più centrale. I tedeschi sono partiti tra il 2013 e il 2015, inventando il nome: Industria 4.0. L’Italia non ha intenzione di rimanere indietro.
Per questo le imprese italiane si confrontano con le best practice d’oltralpe. «Le numerose partnership tecnologiche tra Italia e Germania costituiscono una valida base per avviare una nuova rivoluzione industriale» ha spiegato Andrea Dell’Orto, vicepresidente di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Bianza introducendo, a Milano, l’incontro organizzato dalla Camera di commercio Italo-Germanica (Ahk). Otto piccole e medie imprese tedesche hanno presentato le proprie soluzioni innovative: sensori, combinazioni di software e hardware per collegare tra loro diversi tipi di macchine, piattaforme di realtà virtuale, soluzioni per la teleassistenza e la manutenzione in remoto.
«Sono necessarie alleanze strategiche e un’attenzione mirata alla digitalizzazione dell’industria verso il modello 4.0 che consentiranno alle imprese di assumere un ruolo altamente competitivo nel proprio settore» ha aggiunto Dell’Orto che partecipa alla cabina di regia di Industria 4.0 creata dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Il primo passo è la consapevolezza: «Dobbiamo essere bravi - ha sottolineato il vicepresidente di Assolombarda - a comunicare al- le Pmi le conoscenze e l’importanza» di questa transizione.
Un punto molto delicato se persino in Germania, come ha spiegato Clemens Otte, rappresentante di Bdi (l’associazione tedesca degli imprendotori), un’indagine a campione ha rivelato che due terzi delle società interpellate ritiene «basso» il proprio tasso di maturità digitale e il 45% non ha ancora esaminato a fondo le implicazioni della digitalizzazione. Il ministero dell’Economia federale ha messo sul tavolo quasi 100 milioni di euro per promuovere lo sviluppo di soluzioni innovative. Secondo stime di Boston Consulting Group, Industria 4.0 potrà determinare una crescita del Pil tede- sco di circa l’1% e comporterà nei prossimi 15 anni un incremento della produttività tra il 5 e l’8 per cento. In Italia l’aumento del valore aggiunto per il comparto manifatturiero, in dieci anni, potrebbe aggirarsi sui 40 miliardi.
Ma la strada per la smart factory è costosa, oltre che lunga. Ci vorranno dai 10 ai 15 anni per raggiungere la maturità di questo mercato. Roberto Crapelli, managing director di Roland Berger Italia, ha collocato la fine del viaggio nel 2030 e tracciato una roadmap serrata. Se oggi brillano alcune soluzioni pilota, entro il 2020 nasceranno intere fabbriche 4.0 non solo dei grandi gruppi industriali, come adesso, ma anche di dimensioni medie e piccole. Nel 2025 si arriverà a un’ampia interconnes- sione con le “soluzioni standard” e inizierà la graduale sostituzione dei macchinari. Infine, nel 2030, «il sogno diventerà realtà – ha detto Crapelli - e il sistema manifatturiero di un intero paese sarà connesso come se fosse una fabbrica unica». Industria 4.0, secondo Roland Berger, richiederà 60 miliardi all’anno di investimenti extra in Europa e potrebbe generare 500 miliardi di valore aggiunto e sei milioni di posti di lavoro.
In questa rivoluzione diventa centrale il “capitale umano”, ha sottolineato Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di strategia e imprenditorialità alla Bocconi. «Le persone sono l’asset più prezioso e le imprese dovranno investire sempre più in questo campo». Non servono solo ingegneri, però. Sotto il vertice della piramide va costruita la base, fatta di periti e tecnici in grado di parlare con le macchine. La sfida non è solo tecnologica, ha aggiunto Carnevale Maffè, ma anche culturale. Il valore aggiunto, nel prossimo futuro, saranno i dati; il cliente verrà per così dire “cooptato” nella produzione della fabbrica intelligente che ha nella customitazion uno dei tratti identificativi.
Il quadro normativo e organizzativo, come emerge dall’esperienza tedesca, è fondamentale nel percorso di Industria 4.0. E gli incentivi varati con il super ammortamento sono solo il punto di partenza. «Saranno altrettanto importanti i Digital innovation hub - ha spiegato Massimo Manelli, vicedirettore generale di Assolombarda - che dovranno, a livello regionale, trasferire conoscenza e fornire servizi. Ma in primo luogo è necessaria la consapevolezza perché le indagini ci dicono che il 30% delle imprese non ha ancora conoscenza del fenomeno».
CONSAPEVOLEZZA Tra le piccole e medie imprese non c’è ancora una piena conoscenza del fenomeno che in 15 anni creerà un nuovo sistema manifatturiero