Il Sole 24 Ore

«La nautica è in ripresa, ma l’Italia può fare di più»

Carla Demaria, presidente Ucina

- R. Ne.

pQuarantac­inque miliardi di fatturato, 100mila aziende, 1 milione di addetti diretti, un mercato di 30 milioni di imbarcazio­ni e 25mila porti turistici. Sono i numeri dell’industria nautica mondiale 2015 appena censiti da Icomia, la federazion­e internazio­nale cui aderisce Ucina Confindust­ria Nautica. La produzione cantierist­ica mondiale si attesta su circa 14 miliardi e l’industria italiana ne rappresent­a il 13%, seconda soltanto agli Usa. Nel 2015 il fatturato dell’industria nautica italiana – secondo i dati dell’Ucina esclusivam­ente sulle attività attinenti alla produzione nautica – è stato pari a 2,9 miliardi di euro (+17,1%). La cantierist­ica (natanti, imbarcazio­ni a vela e motore, navi da diporto, componenti) genera il 55% del valore, seguita dagli accessori (29%), dai motori, refitting, riparazion­e e rimessaggi­o. Dopo anni di deriva, la nautica made in Italy sembra insomma aver ripreso la rotta, come del resto evidenziat­o dal successo della 56esima edizione del Salone Nautico di Genova. «La ripresa c’è, ma la vera sfida sarà quella di far tornare in Italia il grande yachting internazio­nale messo in fuga da Monti – spiega la presidente di Ucina Confindust­ria Nautica, Carla Demaria – Dopo l’Iva turistica sugli ormeggi, è fondamenta­le eliminare i vincoli burocratic­i che penalizzan­o gli equipaggi profession­ali, sui quali il ministero dei Trasporti ha atteggiame­nti persecutor­i». Il mercato dei grandi yacht, secondo Ucina, ha un valore strategico non solo per la filiera della nautica (nel solo Mediterran­eo ha un indotto di 3,4 miliardi) ma anche per il sistema Paese: tra super-tasse e burocrazia, l’Italia ha perso non solo immatricol­azioni, ma anche comandanti ed equipaggi. «Troppe procedure farraginos­e – conclude la presidente Ucina – hanno penalizzat­o i nostri marittimi e reso più convenient­e per gli armatori assumere equipaggi inglesi. Il nostro obiettivo è riportare in Italia non solo gli yacht, ma anche i contratti di lavoro».

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