Accelera l’offensiva su Mosul
La guerra all’Isis. A Parigi vertice interminister iale con 22 Paesi, allo studio iniziative per proteggere i civili Il premier iracheno Abadi: «Avanziamo più rapidamente del previsto»
p «Le forze irachene impegnate nella riconquista di Mosul avanzano più rapidamente di quanto avevamo immaginato e previsto». Lo ha detto il premier di Baghdad, Haider al-Abadi, in un collegamento video con la riunione interministeriale sulla stabilizzazione della seconda città del Paese che si è svolta ieri a Parigi su iniziativa del ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault e del collega iracheno Ibrahim al-Jafari. Erano presenti 22 Paesi (tra cui l’Iran, sia pure in qualità di osservatore con il proprio ambasciatore, ma non la Russia), la Lega araba, l’Unione europea e l’Onu.
Incontro in cui si è parlato delle iniziative per proteggere la popolazione civile (che sta cercando di scappare da Mosul prima dell’attacco finale, spesso diretta in Siria, andando a ingrossare le fila dei rifugiati) e impedire la fuga dei capi jihadisti (che stando alle prime informazioni dal terreno, rilanciate dal presidente francese François Hollande e da Mosca, starebbero abbandonando la città, lasciata ai “foreign fighters”, per dirigersi verso Raqqa, la “capitale” dell’Isis in Siria), di aiuto umanitario e di ricostruzione (sono già stati annunciati i primi finanziamenti). Necessaria perché, come ha detto al-Jafari, si possano «convincere i suoi abitanti a rientrare».
Ma soprattutto si è parlato molto del “dopo”. E cioè di cosa succederà a Mosul - e al suo milione e mezzo di cittadini, in larga parte sunniti – dopo la cacciata dello Stato islamico (che proprio a Mosul, due anni e mezzo fa, aveva proclamato la nascita del Califfato a cavallo tra Iraq e Siria). Quale sarà insomma, per dirla in termini diplomatici, la “governance”. Per evitare lo scontro tra le diverse anime di una coalizione tenuta insieme solo dall’obiettivo di combattere Daesh. E garantire che a Mosul non avvenga quello che già è accaduto in altre città riprese allo Stato islamico, dove le milizie sciite filoiraniane (a volte con la complicità o quantomeno l’indifferenza delle forze irachene) si sono accanite sulla popolazione sunnita (come a Tikrit o Falluja).
Per quel che valgono le parole, anche quelle scritte, il documento finale della riunione di Parigi sembra aver preso in conto il problema: «Perché Daesh venga realmente sconfitto, i partecipanti hanno sollecitato un accordo politico globale tra le autorità nazionali irachene e gli attori locali per garantire una governance di Mosul e della sua regione che sia inclusiva, rispettosa della diversità della popolazione e garante di una coesistenza pacifica. I partecipanti hanno preso atto della determinazione del Governo iracheno a realizzare le riforme di riconciliazione nazionale indispensabili per rispondere alle legittime aspirazioni dell’insieme della popolazione irachena nella sua diversità».
Un punto sul quale, nella conferenza stampa al termine dell’incontro, si è soffermato lo stesso al-Jafari: «Mosul è sempre stata un esempio di pacifica convivenza tra diverse comunità. E la coesione della popolazione, nel ri- spetto appunto delle sue diversità, sarà garantita». Al riguardo, il ministro degli Esteri di Baghdad ha preso anche un impegno concreto: «Dopo la vittoria, le forze di mobilitazione che fanno riferimento a specifiche comunità e che attualmente operano sotto il comando delle forze armate irachene, verranno dissolte. E tutti torneranno alle loro case e ai loro lavori, che hanno lasciato in questa situazione di emergenza».
Ayrault e al-Jafari hanno peraltro ribadito che la battaglia di Mosul sarà lunga e che la sua riconquista non sarà un punto di arrivo ma una tappa, sia pure importante, della “guerra mondiale” all’Isis e al terrorismo islamico. Il prossimo obiettivo militare sarà Raqqa. In uno scenario, quello siriano, per certi versi ancora più complesso e difficile di quello iracheno.
LA GOVERNANCE FUTURA I partecipanti hanno sollecitato un accordo politico tra le autorità irachene e gli attori globali per garantire una coesistenza pacifica