L’Europa che non decide accentua la disaffezione e perde terreno nel mondo
Gentile dott.ssa Cerretelli,le confido di essere assai preoccupato come “cittadino europeo”,per il protrarsi di uno stato di “asfissia politica” che sta attanagliando le istituzione di questo ambito e lungimirante progetto di unione di popoli e Stati. Noto l’esigenza di autorevoli iniziative di alta politica,volte a contrastare problematiche epocali come il fenomeno migratorio ,la flebile ripresa economica ,la disoccupazione,la precaria solidità del sistema bancario,lo stallo dei negoziato sull’accordo ttip..ect,ma il tutto sembra ingessato e condizionato, a causa delle prossime consultazioni politiche previste nei paesi fondatori dell’unione europea come Germania,Francia. Si ha timore di parlare “d'europa” per paura di perdere il “consenso politico interno”,sembra incredibile ma potrebbe essere proprio così. Chiaramente ,le frange populiste s'incuneano in tali fertili contesti,con
vigore e illusoria autorevolezza,trascinando verso l'ignoto i numerosi seguaci di tali pericolose politiche “fuori dai tempi”. Chissà se qualche “ben pensante” riuscirà ad inculcare ai cittadini di questa traballante unione,che o indossiamo la stessa “divisa” o altrimenti saremmo relegati ai margini dell’ordine mondiale.Varrebbe la pena di “mettersi in gioco”e di rischiare!Buone cose. Carlo Caldironi
Rimini
Caro Caldironi, purtroppo l’Europa di oggi, prigioniera delle sue irrisolte poli-crisi, è costretta a navigare tra Scilla e Cariddi, tra le verifiche elettorali l’anno prossimo in Francia e Germania, i suoi due maggiori paesi, e la perdita di consenso popolare che in democrazia è un’arma letale. Naturalmente l’Europa non può permettersi il lusso del suo fragoroso immobilismo.
La paralisi decisionale le fa perdere terreno sulla scena globale e accentua la disaffezione interna. Nulla però al momento sembra in grado di scuoterla e ridarle capacità e volontà di iniziativa. Il momento è pessimo. Non resta che sperare che dopo le elezioni la musica cambi. In caso contrario il futuro dell’Unione amputata da Brexit si annuncia più precario che mai prima bella sua storia.