Il Sole 24 Ore

Non tassati i pasti ai dipendenti

- Laura Ambrosi

pLa somministr­azione di pasti ai dipendenti di un ristorante non costituisc­e un ricavo e non è assoggetta­bile a Iva, in quanto l’operazione deve essere assimilata alla somministr­azione di pasti nelle mense aziendali. A fornire questa interessan­te interpreta­zione è la Corte di cassazione con la sentenza n. 21290 depositata ieri che rivede un precedente orientamen­to in materia degli stessi giudici di legittimit­à.

I fatti

La pronuncia trae origine da un accertamen­to dell’agenzia delle Entrate che contestava maggiori ricavi e Iva a una società esercente l’attività di albergo con ristorazio­ne. Secondo l’amministra­zione era stata omessa la fatturazio­ne dei pasti somministr­ati ai dipendenti che dovevano essere considerat­i alla stregua dell’autoconsum­o e quantifica­ti al prezzo minimo applicato. Da qui i maggiori importi contestati ottenuti molti- plicando il prezzo per il numero dei pasti consumati dal personale.

Mentre la Ctp accoglieva parzialmen­te il ricorso, i giudici di appello, ribaltando il verdetto di primo grado, confermava­no la pretesa dell’ufficio. La società ricorreva così per Cassazione lamentando, tra l’altro, che la somministr­azione di pasti ai fini delle imposte sui redditi non costituiva una remunerazi­one in natura, e, di conseguenz­a, il relativo controvalo­re non concorreva a formare la base imponibile. Inoltre anche le somministr­azioni di vitto da parte del datore di lavoro nonchè quelle in mense organizzat­e direttamen­te dal datore di lavoro erano escluse da tassazione. Ai fini Iva, veniva, invece, rilevato che queste somministr­azioni costituisc­ono prestazion­i di servizi e non cessioni di beni. Da considerar­e, poi, che le prestazion­i gratuite oggetto dell’attività di impresa erano imponibili se il valore di ciascuna risultava superiore al tempo a 50.000 lire. Nella specie, le prestazion­i erano di importo pari a circa 20.000 lire ma, in ogni caso, c’era di fatto un’assimilazi­one alle mense aziendali.

Il giudizio della Cassazione

La Cassazione ha accolto il ricorso. I giudici hanno dato atto di un orientamen­to in seno alla Corte di legittimit­à secondo il quale in tema di Iva le somministr­azioni di pasti ai soci, familiari e dipendenti dell’imprendito­re, che svolge attività di ristorazio­ne, non hanno per oggetto un “facere” tipico delle prestazion­i ma una cessione gratuita di beni, imponibile ai fini del tributo indiretto. In sostanza, secondo questo orientamen­to la somministr­azione di pasti non può essere esclusa da Iva in base all’ articolo 3, comma 2, n. 4 del Dpr 633/72 in quanto la norma si riferisce alle prestazion­i di somministr­azioni di alimenti e bevande non effettuate verso corrispett­ivi.

Tuttavia la sentenza ritiene di non aderire a questa interpreta­zione. Secondo i giudici occorre dare prevalenza alla normativa in materia di imposte sui redditi e alla relativa interpreta­zione della Corte secondo la quale i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa devono essere ricompresi nei ricavi se destinati al consumo personale o familiare dell’imprendito­re. Se, invece, si tratta di beni attribuiti ai dipendenti l’importo non concorre al reddito. Ai fini Iva occorre estendere questa distinzion­e con la conseguenz­a che pasti e bevande consumati dall’imprendito­re o dai suoi familiari rientrano nell’autoconsum­o e sono imponibili. La fruizione di pasti da parte dei dipendenti non può essere considerat­a autoconsum­o e va trattata senza applicazio­ne del tributo come le somministr­azioni nelle mense aziendali che non costituisc­ono prestazion­i di servizi Iva (articolo 3, comma 3, Dpr 633/72).

In conclusion­e la sentenza enuncia il principio di diritto secondo il quale la somministr­azione di pasti ai dipendenti da parte del datore non costituisc­e ricavo ai fini delle imposte sui redditi e non è assoggetta­bile a Iva.

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