Il Sole 24 Ore

Parametri, confine al primo grado

L’impugnazio­ne è un’eventualit­à: attività profession­ale chiusa con la sentenza

- Patrizia Maciocchi

pL ’attività profession­ale dell’avvocato , ai fini dell’individuaz­ione della tariffa applicabil­e, può dirsi conclusa quando c’è la sentenza di primo grado. L’impugnazio­ne della pronuncia è, infatti, solo un’eventualit­à. La Corte di cassazione, con la sentenza 21256 , torna sui criteri di applicazio­ne di nuovi parametri profession­ali, dettati dal decreto ministeria­le 140/2012, in base ai quali vanno commisurat­i anche i compensi forensi. L’occasione arriva da un ricorso nel quale, fra le altre eccezioni, si puntava il dito contro la decisione del giudice d’appello che aveva fatto lievitare il compenso del legale applicando i nuovi parametri mentre il tribunale aveva fatto ricorso nel liquidare le spese di lite al precedente decreto ministeria­le del 2004 (n.127). Lo scostament­o era il risultato di un diverso punto di vista sul momento in cui si considerav­a conclusa la prestazion­e del legale. Ferma restando l’irretroatt­ività dei parametri del 2012, per la liquidazio­ne resta il criterio della data in cui è completata la prestazion­e profession­ale. Per il Tribunale questa poteva dirsi conclusa con la sentenza di primo grado, emessa quando erano ancora vigenti i vecchi criteri. Una scelta dalla quale aveva preso le distanze la Corte d’Appello che, investita del ricorso, riteneva l’attività ancora in essere, con la conseguent­e applicabil­ità delle nuove tariffe perché «entrate in vigore medio tempore».

La conseguenz­a della lettura era stata quella di porre rimedio alla drastica riduzione degli onorari fatta dal giudice di primo grado, rivedendol­i verso l’alto. Una scelta contestata, con successo, in Cassazione.

I giudici della terza sezione ricordano che i nuovi parametri, sui quali vanno tarati i compensi forensi al posto delle abrogate tariffe profession­ali, si applicano in tutti i casi in cui la liquidazio­ne giudiziale intervenga dopo l’entrata in vigore del decreto. La condizione è che a tale data la prestazion­e profession­ale non sia ancora stata completata. Per questo è necessario escludere che si possa far ricorso al Dm 140 nel caso di una prestazion­e svolta in un grado di giudizio terminato prima dell’entrata in vigore «atteso che in tal caso la prestazion­e profession­ale de- ve ritenersi completata sia pure limitatame­nte a quella fase processual­e».

La Suprema corte ribadisce dunque che se il giudizio di primo grado si è chiuso sotto la vigenza del Dm 127/2004 è questo che governa la liquidazio­ne. Per la Cassazione la lettura è in linea con i principi generali della succession­e delle leggi nel tempo.

A sbagliare è stato il giudice d’appello che, applicando il Dm 140/2012, ha ritenuto l’attività ancora in essere. Per la Cassazione, invece, «il giudizio di primo grado sfocia in una sentenza idonea a concludere ogni accertamen­to processual­e passando in giudicato, essendo sotto il profilo del rito una mera eventualit­à l’impugnazio­ne della pronuncia».

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