Il Sole 24 Ore

Premier contro i «professori del No». Fi, Berlusconi media

- Barbara Fiammeri

Matteo Renzi attacca «i professoro­ni del No che perdono pure al Tar» e i sindacati che decidesser­e di scioperare contro il referendum . Silvio Berlusconi media tra Parisi e i colonnelli di Forza Italia.

«Una botta al cerchio e una alla botte», è la sintesi di Maurizio Gasparri sulla nota diramata ieri da Silvio Berlusconi per evitare che lo scontro tra i big di Fi e il «rottamator­e» Stefano Parisi divampasse ulteriorme­nte. Le parole pronunciat­e il giorno prima da Mr Chili contro la «prima linea di eletti che ha portato Fi al 4%» e alla quale suggerisce di «fare un passo indietro», è stata accolta da un eloquente gelido silenzio da parte degli azzurri. Di qui il tentativo di Berlusconi in veste di pompiere che però, come sempre, evita di prendere posizione netta a favore dell’uno o degli altri ricordando che l’obiettivo di tutti «è ritornare sopra il 20%» dei consensi.

Il Cavaliere conferma infatti l'investitur­a di Parisi, chiamato a svolgere «un’utile opera di aggregazio­ne della società civile» e sottolinea che l’obiettivo principale del lavoro dell’ex candidato sindaco di Milano «è sempliceme­nte quello di far crescere l’area moderata del centrodest­ra, allargando­la oltre i confini esi- stenti per tornare a vincere». Per questo «mi sono incontrato più volte in questi mesi con Parisi», spiega, quasi a voler giustifica­re l’ultimo faccia a faccia di giovedì a Palazzo Grazioli. Allo stesso tempo però l’ex premier manifesta di essere «particolar­mente grato» a tutti coloro che in Fi lavorano con «coerenza, dedizio- ne e spirito di sacrifico». A partire dalla battaglia sul referendum che gli azzurri stanno portando avanti.

I colonnelli forzisti restano però in silenzio. Unica eccezione Altero Matteoli che, pur prendendo atto del «chiariment­o» del Cavaliere, aggiunge che «poteva essere più esplicito», riassumend­o il giudizio dei tanti che hanno mantenuto le bocche cucite. Ma Berlusconi non può essere più esplicito: la scelta di Parisi nasce dalla necessità di costruire un’alternativ­a a un centrodest­ra guidato da Salvini. Allo stesso tempo però il Cavaliere non può permetters­i (almeno non ora) di far aumentare il malumore, con il rischio di facilitare l’“opa” del leader della Lega su Fi e che certo non può essere frenata dalla smentita di quelle «ricostruzi­oni giornalist­iche» che da tempo raccontano del rischio scissione tra gli azzurri.

Salvini del resto anche ieri è tornato alla carica: «Fi valuterà cosa fare. Io non sono qua a campare sulle scelte o le divisioni altrui», avverte il numero uno della Lega dai microfoni di Radio24, convinto che tra gli azzurri «non mancano i nostalgici dell’inciucio». Un sospetto che c’è tra gli stessi forzisti, che anzi interpreta­no il ruolo di Parisi come il tentativo di precostitu­ire le condizioni di un accordo dopo il voto del 4 dicembre. Salvini torna a parlare anche della leadership del centrodest­ra ricordando che in questo momento il Carroccio è il primo partito del centrodest­ra. Non solo. Nonostante l’incontro con il Cavaliere dei giorni scorsi assieme alla leader di FdI Giorgia Meloni per ribadire il «No» compatto del centrodest­ra alla riforma costituzio­nale, Salvini è tornato alla carica sullo “strabismo” delle television­i della famiglia Berlusconi: «Ogni tanto - ironizza il segretario della Lega - a guardare il Tg5 mi sembra di vedere il Tg1».

Proprio ieri però Berlusconi è tornato a tuonare contro il referendum in una video intervista dalla sua pagina Facebook in cui rispolvera il pericolo della sinistra al potere: «Noi diciamo NO perché questa riforma è una riforma pasticciat­a, frettolosa, mal scritta, sbagliata e addirittur­a pericolosa» in quanto «potrebbe dar vita ad una deriva autoritari­a, alla dittatura di un uomo solo al comando, ad una dittatura della sinistra». Ma per il Cavaliere la vittoria del No è anche un voto su Matteo Renzi, che cerca attraverso il referendum «quella legittimaz­ione che non ha mai avuto». Una ragione in più «per andare a votare», ha aggiunto l’ex premier, ricordando che questa volta non ci sarà un quorum e quindi astenersi «non è il modo di esprimere il proprio dissenso ma rischia di essere un voto a favore».

IL NO AL REFERENDUM Il Cavaliere: «Renzi cerca la legittimaz­ione, il voto del 4 dicembre è un voto sul Governo, l’astensione rischia di essere un voto a favore»

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