Premier contro i «professori del No». Fi, Berlusconi media
Matteo Renzi attacca «i professoroni del No che perdono pure al Tar» e i sindacati che decidessere di scioperare contro il referendum . Silvio Berlusconi media tra Parisi e i colonnelli di Forza Italia.
«Una botta al cerchio e una alla botte», è la sintesi di Maurizio Gasparri sulla nota diramata ieri da Silvio Berlusconi per evitare che lo scontro tra i big di Fi e il «rottamatore» Stefano Parisi divampasse ulteriormente. Le parole pronunciate il giorno prima da Mr Chili contro la «prima linea di eletti che ha portato Fi al 4%» e alla quale suggerisce di «fare un passo indietro», è stata accolta da un eloquente gelido silenzio da parte degli azzurri. Di qui il tentativo di Berlusconi in veste di pompiere che però, come sempre, evita di prendere posizione netta a favore dell’uno o degli altri ricordando che l’obiettivo di tutti «è ritornare sopra il 20%» dei consensi.
Il Cavaliere conferma infatti l'investitura di Parisi, chiamato a svolgere «un’utile opera di aggregazione della società civile» e sottolinea che l’obiettivo principale del lavoro dell’ex candidato sindaco di Milano «è semplicemente quello di far crescere l’area moderata del centrodestra, allargandola oltre i confini esi- stenti per tornare a vincere». Per questo «mi sono incontrato più volte in questi mesi con Parisi», spiega, quasi a voler giustificare l’ultimo faccia a faccia di giovedì a Palazzo Grazioli. Allo stesso tempo però l’ex premier manifesta di essere «particolarmente grato» a tutti coloro che in Fi lavorano con «coerenza, dedizio- ne e spirito di sacrifico». A partire dalla battaglia sul referendum che gli azzurri stanno portando avanti.
I colonnelli forzisti restano però in silenzio. Unica eccezione Altero Matteoli che, pur prendendo atto del «chiarimento» del Cavaliere, aggiunge che «poteva essere più esplicito», riassumendo il giudizio dei tanti che hanno mantenuto le bocche cucite. Ma Berlusconi non può essere più esplicito: la scelta di Parisi nasce dalla necessità di costruire un’alternativa a un centrodestra guidato da Salvini. Allo stesso tempo però il Cavaliere non può permettersi (almeno non ora) di far aumentare il malumore, con il rischio di facilitare l’“opa” del leader della Lega su Fi e che certo non può essere frenata dalla smentita di quelle «ricostruzioni giornalistiche» che da tempo raccontano del rischio scissione tra gli azzurri.
Salvini del resto anche ieri è tornato alla carica: «Fi valuterà cosa fare. Io non sono qua a campare sulle scelte o le divisioni altrui», avverte il numero uno della Lega dai microfoni di Radio24, convinto che tra gli azzurri «non mancano i nostalgici dell’inciucio». Un sospetto che c’è tra gli stessi forzisti, che anzi interpretano il ruolo di Parisi come il tentativo di precostituire le condizioni di un accordo dopo il voto del 4 dicembre. Salvini torna a parlare anche della leadership del centrodestra ricordando che in questo momento il Carroccio è il primo partito del centrodestra. Non solo. Nonostante l’incontro con il Cavaliere dei giorni scorsi assieme alla leader di FdI Giorgia Meloni per ribadire il «No» compatto del centrodestra alla riforma costituzionale, Salvini è tornato alla carica sullo “strabismo” delle televisioni della famiglia Berlusconi: «Ogni tanto - ironizza il segretario della Lega - a guardare il Tg5 mi sembra di vedere il Tg1».
Proprio ieri però Berlusconi è tornato a tuonare contro il referendum in una video intervista dalla sua pagina Facebook in cui rispolvera il pericolo della sinistra al potere: «Noi diciamo NO perché questa riforma è una riforma pasticciata, frettolosa, mal scritta, sbagliata e addirittura pericolosa» in quanto «potrebbe dar vita ad una deriva autoritaria, alla dittatura di un uomo solo al comando, ad una dittatura della sinistra». Ma per il Cavaliere la vittoria del No è anche un voto su Matteo Renzi, che cerca attraverso il referendum «quella legittimazione che non ha mai avuto». Una ragione in più «per andare a votare», ha aggiunto l’ex premier, ricordando che questa volta non ci sarà un quorum e quindi astenersi «non è il modo di esprimere il proprio dissenso ma rischia di essere un voto a favore».
IL NO AL REFERENDUM Il Cavaliere: «Renzi cerca la legittimazione, il voto del 4 dicembre è un voto sul Governo, l’astensione rischia di essere un voto a favore»