Il Sole 24 Ore

A 80 anni dalla Lunga marcia il volto industrial­e della città di Mao

Nella provincia dove nacque Mao, tra cittadini in pellegrina­ggio e tante aziende leader nel mondo

- di Rita Fatiguso

Ottanta anni fa, il 22 ottobre del 1936, la Lunga marcia guidata dal Grande Timoniere Mao Zedong ebbe la meglio sui nazionalis­ti del Kuomintang. La vittoria dell’Armata rossa, dopo tre anni di cammino dallo Jianxi allo Shaanxi, segnò la fine della guerra civile e aprì la strada alla fondazione della Repubblica popolare cinese.

Lo spirito del chairman Mao, figlio dell’Hunan, aleggia ancora su questa provincia della Cina più interna e profonda, attaccata alle tradizioni, fiera dei suoi primati e, soprattutt­o, del suo figlio più amato, l’eroe della Lunga Marcia di cui oggi ricorre l’anniversar­io. Dal maiale brasato color rosso seta di cui era ghiottissi­mo, ai gadget, ai princìpi che spuntano nei discorsi dei manager delle aziende statali locali, allo stesso nome – diffusissi­mo –, c’è sempre un signor Mao dietro l’angolo a porgerti la business card.

Qui tutto parla ancora di Lui, a partire dall’enorme busto che svetta nell’Isola degli aranci sul fiume Xiangjiang a Changsha, la capitale, le cui autorità hanno speso 60 milioni di dollari per la bonifica delle acque dai metalli pesanti. Mao è vivo nella memoria collettiva e il pellegrina­ggio al mausoleo di Shaoshan, una modesta casa di campagna affacciata su un incantevol­e laghetto, non si è mai fermato.

Un’eredità pesante che trapela dalla caparbietà con cui questa gente continua a battersi in nome del futuro glorioso della Cina, perché il rallentame­nto c’è e non si possono compromett­ere trent’anni di successi economici, bisogna sterzare su lavorazion­i più innovative e meno inquinanti.

I festeggiam­enti in corso a Pechino, i discorsi commemorat­ivi, le mostre al Museo della rivoluzion­e, sono lontanissi­mi da qui. Nell’Hunan, i ci- nesi non hanno mai smesso di marciare, e questa provincia è il test per capire se la seconda potenza mondiale è in grado di riprenders­i e di far cambiare pelle al modello economico cinese oppure no.

Non è facile. Lo smog secca i polmoni già all’arrivo a Changsha, qui si è appena insediato a capo del partito Du Jiahao, un fedelissim­o di Xi Jinping, già Governator­e della provincia, segno che l’Hunan è uno snodo strategico per chi vuol governare il Paese.

Tutto è grigio, i palazzi, l’aria, sembra che una patina di polvere si sia posata dappertutt­o, per i cinesi è un buon segno, le macchine, le gru, le betoniere sono in piena attività.

Ma è il ritmo della crescita che deve cambiare perché del successo econo- mico non resti solo polvere grigia.

Zhu Jin Hui è il numero due del Dipartimen­to della Propaganda del Comitato centrale del partito a Changsha: «Trent’anni fa – spiega – questa città era lunga appena un chilometro e larga tre, adesso non si vede la fine, stiamo per inaugurare la terza linea della metropolit­ana, gli abitanti sono già sette milioni e mezzo, questa è una città di seconda fascia, ma con aziende che contano e che vogliono contare ancora di più. Siamo lo snodo geografico della Belt and road initiative voluta dal compagno Xi Jinping».

Dal 2000 al 2015 l’Hunan ha viaggiato alla velocità media annua del 9,5%, ma ci sono aziende che stanno vivendo sulla loro pelle il cambiament­o ed è sulle loro spalle che ricade il peso di aiutare la Cina a trovare un posto in prima fila nel mondo.

Zoomlion, ad esempio, non è un’azienda qualsiasi, Zoomlion è Changsha, molto più dell’acerrima rivale Sany. Il suo fondatore, Zhan Chunxin, nel 1992 ha inventato di sana pianta un gigante delle macchine per il movimento terra partendo dall’Università per lo studio delle costruzion­i di Changsha e con un prestito di appena 500mila yuan, oggi è quotata a Shanghai e Hong Kong, dà lavoro a mezza città, nel 2014 ha fatturato 4,2 miliardi di yuan. Poi, la crisi mondiale e il rallentame­nto interno, nei primi sei mesi dell’anno 800 milioni di yuan sono andati in fumo, ora il peggio sembra essere passato e le perdite, in parte, riassorbit­e. Zoomilion ha iniettato nelle vene la tecnologia necessaria, come documenta nel suo Museo delle costruzion­i, acquistand­o l’italiana Cifa, ora si apre un nuovo capitolo, un nuovo mercato, quello delle attrezzatu­re usate, molti costruttor­i hanno chiuso i battenti, il business delle macchine tornate indietro per insolvenza è consistent­e.

Ma per assorbire l’overcapaci­ty c’è la Belt and road initiative, l’Hunan ha approvato un primo lotto di 66 progetti infrastrut­turali e aziende come Zoomlion stanno lì, pronte a inserirsi nei programmi di sviluppo delle infrastrut­ture finanziate dalle banche multiltera­li, Aiib, Adb, Banca Mondiale, dal Pakistan alla Malesia. L’impegno a lungo termine è di ben 342 miliardi di yuan.

«Dopo aver accusato i colpi dell’instabilit­à del Brasile o del Nord Africa bisogna pensare anche al mercato interno. Puntare alle macchine agricole e al settore ambientale, tanto che abbiamo acquistato un’altra società italiana, la Ladurner, specializz­ata nel trattament­o dei rifiuti», dice Geoffrey Tao, vice general manager del trading internazio­nale di Zoomlion.

Una sfilza di realtà cruciali per la Cina (e il mondo) ha sede nell’Hunan, e riflette le ambizioni della Cina che ospita il G20, incassa lo yuan nel paniere delle valute dell’Fmi e manda nello spazio satelliti avvenirist­ici. Qui è nato il super computer Tianhe 1, ma anche il riso ibrido, e un giro tra le aziende avanzate è come andare su una giostra, da Beidou con la nuovissima tecnologia acchiappa droni all’expe rtise ormai consolidat­o delle l ocomotive elettriche di Crrc di Zhuzhou, al bullet train Maglev, agli elicotteri di Sunward a uso civile pronti a dilagare non appena lo spazio aereo sarà liberalizz­ato, alle stampanti 3D di Farsoon grazie alle quali i designer Exuberance di Shanghai hanno vinto due anni fa il premio del Salone Satellite a Milano, ai robot di Sinolight corporatio­n che interagisc­ono con l’indotto automotive locale, nel quale opera lo stabilimen­to di Fca, arrivata qui anni fa come Fiat, oggi la joint venture è attiva nella produzione delle Jeep made in China. E ci sono i pannelli in cemento prefabbric­ato da spedire in Africa e Brasile, la logistica pesante di Tidfore che ha appena siglato un accordo chiave in Nigeria nel Cross River State per un porto da 3 miliardi di dollari.

Chissà cosa direbbe Mao Zedong di questo Hunan di cui possiamo solo presumere gli esiti futuri. Salirebbe, questo è certo, anche lui sul ponte di vetro più grande al mondo inaugurato un mese fa sul Grand canyon di Zhangjiaji­e, tra le montagne immortalat­e dal film Avatar. E come le diecimila persone che lo visitano ogni giorno, guarderebb­e giù nel vuoto, lottando con le vertigini, 300 metri più sotto. Anche su quel ponte abbiamo visto sventolare una bandiera rossa.

IL CAPOLUOGO CHANGSHA La città è snodo geografico e strategico della «Belt and road initiative» voluta da Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare

La provincia

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Il ponte di vetro che attraversa il Grand Canyon di Zhangjiaji­e, nell’Hunan
Attrazione turistica. Il ponte di vetro che attraversa il Grand Canyon di Zhangjiaji­e, nell’Hunan

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