Fisco, controlli con dati dall’estero
Mentre si prepara la r iapertura della voluntary, pr imi frutti dello scambio automatico di informazioni fra Paesi Dalle verifiche su contribuenti stranieri indicazioni anche sui compensi a italiani
Mentre il Governo sta studiando come riproporre la voluntary con la legge di bilancio 2017 (si veda a pagina 3), iniziano a produrre frutti gli accertamenti originati dai dati che arrivano dall’estero. Sempre più spesso, le informazioni trasmesse dalle amministrazioni finanziarie estere fanno accendere una spia sui contribuenti italiani o fiscalmente residenti in Italia, per la mancata indicazione di redditi percepiti all’estero. Queste informazioni sono acquisite dall’agenzia delle Entrate a seguito dell’invio spontaneo di informazioni da parte delle autorità fiscali di altri Paesi con cui sono in vigore Convenzioni contro le doppie imposizioni. L’Italia ha stipulato con numerosi Stati accordi bilaterali redatti, in molti casi, con lo standard Ocse e ratificati con legge ordinaria, prevedendo peraltro lo scambio reciproco di informazioni.
La Ue e lo scambio di dati
Tale scambio è rafforzato con i Paesi dell’Unione europea lad- dove la direttiva sulla cooperazione amministrativa 2011/16/ UE del Consiglio del 15 febbraio 2011 regolamenta e distingue diverse tipologie di scambio di informazioni, quali: e «lo scambio di informazioni su richiesta» ossia basato su una richiesta effettuata dall’amministrazione finanziaria dello Stato membro richiedente a quella dello Stato membro che viene interpellata su un caso specifico; r «lo scambio automatico» quando l’amministrazione finanziaria di un Paese membro trasmette sistematicamente predeterminate informazioni alle autorità fiscali di un altro Stato membro, senza richiesta preventiva e a intervalli regolari prestabiliti; t «lo scambio spontaneo» quando le autorità fiscali di un Paese membro trasmettono occasionalmente comunicazioni, in qualsiasi momento e senza preventiva richiesta di informazioni all’amministrazione finanziaria di un altro Stato membro, come sta accadendo ultimamente . In forza di queste disposizioni e degli accordi bilaterali, le autorità fiscali dei due Paesi firmatari si scambiano in via amministrativa dati sui contribuenti fiscalmente residenti, senza necessità di intervento dell’autorità giudiziaria. Così può accadere che, a seguito di un controllo o verifica di contribuenti residenti nel proprio Stato, l’amministrazione fiscale estera con cui l’Italia ha un trattato, autonomamente e automaticamente, inoltri una segnalazione al Fisco italiano, ad esempio sul fatto che tra i costi dedotti dalla società estera ci sono compensi o altri emolumenti corrisposti a vario titolo (e, dunque, redditi tassabili) a contribuenti fiscalmente residenti in Italia, fornendo contestualmente l’elenco dei percettori e dei soggetti che avrebbero corrisposto i predetti redditi, oltre all’importo e all’anno di imposta in cui sarebbero stati corrisposti.
L’avvio dei controlli
I contribuenti segnalati vengono inseriti nel Piano controlli dell’ufficio e conseguentemen- te invitati a presentarsi per fornire informazioni e produrre la relativa documentazione.
A seguito del contraddittorio, di solito, sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati membri e delle dichiarazioni «spontanee» del contribuente che vengono puntualmente verbalizzate, l’Ufficio emette, ai sensi dell’articolo 41 bis del Dpr 600/73, un avviso di accertamento parziale, recuperando maggiore Irpef o Ires (a seconda che il contribuente sia una persona fisica o una società) ed eventualmente l’Irap (se il contribuente è assoggettato a tale imposta), oltre a sanzioni dal 90 al 180% delle maggiori imposte dovute, e interessi.
Inoltre, quasi sempre nell’atto impositivo viene precisato che le informazioni su cui si basa l’accertamento sono state acquisite legittimamente, anche se però non viene quasi mai fatto alcun cenno sulla eventuale verifica svolta per verificarne l’attendibilità né tantomeno allegata alcuna documentazione.