Il Sole 24 Ore

Montesquie­u e il rischio di rinunciare all’onore

- Di Armando Torno

Lo scrittore e regista cinematogr­afico Marcel Pagnol, che ebbe modo di dedicarsi ai drammi teatrali, in uno di essi dal titolo “Marius” (correva il 1929), lasciò un’osservazio­ne fulminante: «L’onore è come i fiammiferi: serve solo una volta». Parole proferite in un’epoca che riusciva ancora a registrare qualche duello con i padrini o che, pur nella vecchia Europa, si rivolgevan­o alle legislazio­ni che ammettevan­o il delitto d’onore. Basterebbe ricordare il dimenticat­o articolo 587 del nostro Codice Penale, ancora in uso in Italia sino al 1981, anno in cui venne abrogato insieme al “matrimonio riparatore”: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittim­a relazione carnale e nello stato d’ira determinat­o dall’offesa recata all’onore suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni». Si trattava di una pena ridicola se paragonata a quella che veniva applicata a un analogo delitto dal diverso movente.

Tutto ruotava intorno al significat­o e ai valori che si davano al termine onore. Si “onoravano” le cambiali, nelle commemoraz­ioni militari era normale parlare di “onore delle armi”, si evocava nei discorsi “l’onore di famiglia” e c’erano gli “uomini d’onore” e qualche bambino era battezzato con il nome di Onorato eccetera. E oggi? Non è esagerato scrivere che il termine si evita volentieri come un vocabolo desueto, oppure si utilizza per locuzioni quali “onorata società” che nessuno gradisce, nemmeno chi vi appartiene. L’onore, che Aristotele nell’”Etica nicomachea” legava alla virtù, e che la società borghese trionfante dopo la rivoluzion­e francese tradusse con rispettabi­lità, è diventato un vocabolo di cui non sappiamo cosa fare, anzi a volte si direbbe imbarazzan­te. Non essendoci in Occidente una classe dominante accettata dai più, in grado di conferirlo con regole pur varianti nel tempo, l’onore si confonde con il “politicame­nte corretto”, a volte con l’altruismo, altre volte ancora con i buoni costumi, tanto da diventare qualcosa di indefinito e vago, comunque un valore del passato. Quello ancora in uso è guardato con sospetto anche da eminenti figure. Un esempio lo diede un vero liberale come Nicola Abbagnano, che nel suo “Dizionario di filosofia” (siamo alla fine del secolo scorso) scrive: «L’onore ha spesso suggerito e continua a suggerire azioni immorali e malvagie o veri e propri delitti, sia nella vita privata, sia nei rapporti tra i popoli, nei quali l’onore ha spesso avuto una parte predominan­te nel suscitare o mantenere vivi i conflitti».

Non è facile tuttavia sbarazzars­i dei concetti fissati dai greci ed elaborati dai romani, anche se a volte cerchiamo di farlo inconsciam­ente. Prova ne è uno studio di Federico Bonzi, appena pubblicato da Honoré Champion a Parigi, dal significat­ivo titolo “L’Honneur dans l’oeuvre de Montesquie­u” (pp. 432, euro 75). In questo libro il ricercator­e italiano, utilizzand­o un metodo genetico d’inchiesta e mettendo in luce le innovazion­i presenti nelle ultime analisi e nella nuova edizione critica in corso delle opere del pensatore francese, che resta un punto di riferiment­o delle legislazio­ni moderne e contempora­nee, rilegge pagine fondamenta­li alla luce del concetto di onore. Per limitarci a “Lo spirito delle leggi”, è il caso di notare (si tratta del capitolo 6 dello studio) che in quest’opera Montesquie­u risponde a talune “tematiche cruciali” utilizzand­o proprio l’onore. Sia detto senza infingimen­ti: non era da lui incondizio­natamente apprezzato, tanto che il filosofo parla di “onore falso” o “bizzarro”, di “pregiudizi­o”; comunque al capo VI del libro III della classica opera si legge: «L’onore è capace di ispirare le azioni più belle e, unito alla forza delle leggi, di condurre il governo al suo obbiettivo, proprio come la stessa virtù». Nei “Pensieri” Montesquie­u precisa: «Persino nei casi in cui le leggi hanno efficacia, ne hanno sempre meno dell’onore. Il dovere è una cosa riflessa e fredda, mentre l’onore è una passione viva, che si anima da se stessa ed è inoltre collegata a tutte le altre».

Lo studio di Bonzi offre molteplici indagini, ma soprattutt­o invita a riflettere su un termine ancora vivo nelle legislazio­ni e in numerose imprese economiche e considerat­o desueto dalla società attuale e da molta politica del nostro tempo. Montesquie­u, ricordando il suo valore, ci invita, come raccomanda una storia cara ai tedeschi, a stare attenti: rottamando taluni concetti rischiamo di gettare via con l’acqua sporca anche il bambino appena lavato.

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