I diamanti nel vuoto della legge
Il mercato dei diamanti da investimento, che negli ultimi anni ha avuto un vero boom, non è vigilato: lo scriveva Plus24 del 29 novembre 2014 sotto il titolo «Serve una legge per i diamanti». Chiedevamo norme come quelle del 17 gennaio 2000 che disciplinano il mercato dell’oro da investimento e i suoi intermediari. La Consob, con la comunicazione 13038246 del 6 maggio 2013, ha spiegato che l’acquisto di diamanti — anche in banca — non si considera «investimento finanziario» ma è un investimento qualsiasi. Se nel contratto non sono indicati un rendimento (l’eventuale guadagno alla rivendita non è rendita finanziaria ma semplice plusvalenza) oppure un impegno o patto di riacquisto (ma solo disponibilità a rivendere le pietre entro data certa) né Consob né Bankitalia possono vigilare. Questo settimanale già due anni or sono avvisò che i prezzi delle pietre spesso non sono trasparenti ma «autoprodotti» e spacciati per dati ufficiali, come pure che il diamante è da sempre «strumento di transazioni che spesso sconfinano nel riciclaggio».
Ben venga, dunque, chiunque si unisce alla richiesta di Plus24 di regole certe per questo settore che oggi è un Far West nel quale operano anche intermediari opachi. I risparmiatori ricordino: perché l’investimento sia oculato, tra le caratteristiche dei diamanti occorre verificare la p (prezzi non «autoprodotti» ma certificati da fonti diverse dal produttore, non semplicemente millantati come tali su inserzioni pubblicitarie); la q (quantità non eccessive in portafoglio); la r (rivendita chiara rispetto agli oneri da sostenere); la s (sicurezza nella conservazione). Ma soprattutto la t: la trasparenza, non solo delle pietre, ma delle commissioni incamerate dalle banche che «tramitano» gli ordini allo sportello. Per non scoprire troppo tardi di essere rimasti abbagliati dalle sfaccettature delle pietre, in assenza delle sfaccettature delle regole.