Arte, caccia ai ladri e armi spuntate
Per colpire chi traffica in arte gli inquirenti puntano a reati più gravi come riciclaggio o associazione a delinquere
La posta è sempre più alta. Per colpire chi traffica in arte l’azione degli inquirenti deve puntare a reati sempre più gravi come il riciclaggio o l’associazione a delinquere. Altrimenti il furto, la ricettazione di un capolavoro o la sua contraffazione non bastano a sbattere in galera il ladro, il ricettatore, il riciclatore o i trafficanti per più di quattro anni e con una multa fino a 3.099 euro. Il saccheggio del nostro patrimonio artistico, archeologico e religioso, valga anche milioni, prevede sanzioni leggere. Il traffico di opere d’arte è il quarto business internazionale della criminalità organizzata, dopo droga, armi e prodotti finanziari, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite di Vienna. Sfumò nell’autunno 2011 un disegno di legge che prevedeva di raddoppiare le pene, consentendo così di allungare i tempi di prescrizione e ampliare gli strumenti di indagine.
I furti di beni culturali vengono generalmente effettuati su commissione, la cui committenza segue tendenzialmente le dinamiche commerciali del mercato ufficiale. L’alterazione di arredi e opere è una pratica comune per reimmettere sul mercato la refurtiva: i dipinti, per esempio, possono essere ritoccati mediante l’aggiunta o la modifica di alcuni particolari come persone, oggetti, sfondo oppure sezionando la tela o la tavola e ricavandone più tele o tavole (facile nei polittici o trittici). Il mercato som- merso è pronto ad accoglierle e per le opere di maggior valore, dopo una ricostruzione della provenienza, ci sono anche le principali piazze d’asta.
«La legislazione italiana (Codice Beni Culturali) sulla protezione dei beni culturali ha le armi spuntate – conferma il Tenente Colonnello Antonio Coppola, Comandante del Reparto Operativo dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – non consente di utilizzare metodi efficaci per la ricerca della prova come intercettazioni, operazioni sotto copertura, acquisti simulati e un adeguato monitoraggio delle piattaforme di vendita online. Il vigore sanzionatorio non rappresentano un deterrente per le azioni criminali» prosegue Coppola.
Sono proprio le vendite online quelle che destano più preoccupazione. «Abbiamo monitorato 1.682 beni in vendita online – spiega – i siti sono ormai un luogo di scambio: il rapporto di fiducia tra venditore e acquirente espone quest’ultimo ad altissimi rischi. Consigliamo di non fidarsi di venditori anonimi, ma affidarsi a venditori legati anche a esercizi fisici, identificabili e rintracciabili in futuro. La giurisdizione dei siti poi è spesso lontana e le richieste di informazioni in rogatoria sono lunghe e complicate. Abbiamo l’assoluta necessità di una revisione della legge. Sappiamo che è in discussione presso gli uffici legislativi un progetto d’iniziativa governativa che riveda l’impianto sanzionatorio e gli strumenti di contrasto del fenomeno» conclude Coppola. E se il mercato dei beni archeologici in Itali asi è ridimensionato, invece è in espansione quello dei falsi di opere del Novecento. La forte domanda “produce” l’offerta: la maggior parte sono falsi sequestrati a mediatori, collezionisti e galleristi, immessi sul mercato come autentici. «I reati di con- traffazione di contemporanea sono difficilmente perseguibili – spiega l’avvocato Silvia Stabile, membro del Focus Team Arte e beni culturali di BonelliErede – poiché spesso le parti coinvolte tendono a non denunciare e a raggiungere accordi di transazione per evitare scandali sul mercato e un deprezzamento del valore delle opere dell’artista copiato». Soprattutto la criminalità organizzata tratta l’arte come denaro cash: «poiché pone lo stesso problema di assenza di tracciabilità – conferma l’avvocato penalista Francesco Sbisà dello studio Bonelli Erede. «Al tema dei contanti nelle cassette di sicurezza, sollevato dal procuratore capo di Milano, Francesco Greco, che punta il dito contro il “non dichiarato” frutto di reati , si può aggiungere l’acquisto di opere con denaro di provenienza illecita, condotta riconducibile al reato di autoriciclaggio» conclude Sbisà. La prevenzione attraverso un registro delle opere in movimento – oltre quello che già c’è delle opere rubate presso la Tpc – renderebbe più facile l’attività di contrasto delle azioni criminose.