Re bus dipendenti nel piano Morelli
Il progetto prevederebbe 3mila esuberi, i giudici chiedono mille reintegri
Il piano di riorganizzazione di Mps, che vede il nuovo ad Marco Morelli impegnato nel risanamento concordato con la Bce, passa per uno snodo fondamentale: il personale e i suoi costi. Il piano di salvataggio vede la riduzione dei costi basata anche su nuovi tagli, con possibili cessioni ed esuberi per almeno 3mila dipendenti, totale che comprenderebbe anche i 1.400 esuberi già previsti dal “vecchio” piano. Ma la banca potrebbe essere costretta da alcune sentenze a dover riassorbire un migliaio di bancari. Nei giorni scorsi la Corte d’Appello di Firenze ha definito illegittima l’operazione di esternalizzazione dei dipendenti di Mps passati nel 2014 alla società Fruendo, costituita da Accenture (40%) e Gruppo Bassilichi (60%). La sentenza conferma il giudizio di primo grado emesso dal Tribunale di Siena, che si era occupato del ricorso promosso da 250 lavoratori, ed è coerente con «quanto già sancito da altri Tribunali», si legge in una nota congiunta diffusa dalle rappresentanze sindacali della banca. «Altri 400 passati da Mps a Fruendo hanno fatto causa in altri Tribunali in Italia e hanno vinto in primo grado a Roma, Lecce, Mantova. Il pronunciamento di secondo grado favorevole ai dipendenti da parte della Corte d’Appello di Firenze spiana la strada anche per una vittoria nelle altre città», sostengono fonti sindacali. Il migliaio di bancari di Mps esternalizzati a Fruendo potrebbero chiedere di rientrare in Mps. I sindacati sottolineano che la Cassazione «non è un giudice di merito e quindi difficilmente potrà ribaltare i due gradi di giudizio precedenti, favorevoli ai lavoratori». Mps ha poi annunciato un piano di cessione di tutte le sofferenze e un aumento di capitale fino a 5 miliardi. Il titolo nei giorni scorsi è rimbalzato a Piazza Affari con una seriedi sedute positive.
Intanto il Gup di Milano, Livio Cristofano, con la sentenza con cui ha accolto il patteggiamento chiesto da Mps con 600mila euro di sanzione e la confisca di 10 milioni quale “profitto del reato” commesso, ha affermato che la responsabilità dello scandalo di Monte dei Paschi non è solo degli ex vertici, ma anche della stessa banca, che non fu in grado di predisporre «un adeguato modello organizzativo idoneo a impedire» i reati contestati al management fra il 2008 e il 2012: falso in bilancio, aggiotaggio, ostacolo all’autorità di vigilanza (Consob e Bankitalia) e falso in prospetto.