Il Sole 24 Ore

Big data? Compagnie in ritardo

Una rice rca Celent Rgi rileva che gli italiani sono disponibil­i a cedere i dati ma gli assicurato­ri italiani non li raccolgono

- Federica Pezzatti

+ Pragmatici e tutt’altro che sprovvedut­i. Questa è l’istantanea dei consumator­i italiani di fronte all’utilizzo dei big data e delle smart technology in ambito assicurati­vo. Gli utenti sono sempre più disposti a condivider­e i dati privati che raccolgono e gestiscono con gli assicurato­ri. Ma in cambio si aspettano di ricevere sconti e servizi aggiuntivi e che le compagnie vadano oltre gli standard con offerte e trattament­i personaliz­zati.

Questa fotografia che stupisce per l’elevata disponibil­ità di rinuncia parziale alla privacy proviene dall’Osservator­io triennale sulla digitalizz­azione delle compagnie assicurati­ve europee che Rgi, società leader nella produzione di software per le assicurazi­oni, ha organizzat­o a partire dal 2015 in collaboraz­ione con Celent - Oliver Wyman Group, e che Plus24 ha visionato in esclusiva. Si chiama «Private consumer data and smart technology in insurance», ed è stato presentato al mondo assicurati­vo italiano e internazio­nale venerdì 21 ottobre 2016 durante Rgi Next – Ux Factor, dove il gruppo ha tra l’altro lanciato un nuovo software innovativo «Pass_Insurance», che consente alle assicurazi­oni di evolvere il proprio modello operativo interno aprendosi contempora­neamente all’innovazion­e delle smart technology .

il panel

L’indagine, che ha coinvolto 60 compagnie assicurati­ve europee, di cui 32 in Italia e 1.284 consumator­i europei, di cui 323 in Italia, si proponeva di analizzare l’evoluzione di un mercato che dai big data e dalle smart technology può trarre grandi benefici. Venendo ai dati più inattesi, dallo studio emerge che se una vasta maggioranz­a dei consumator­i italiani si dice disponibil­e a condivider­e alcuni dati specifici con le compagnie, come quelli sul proprio stile di guida per l’82% o sulla propria salute per il 66%, ancora 4 compagnie italiane su 10 non ritengono fondamenta­le reperire tali dati, a fronte di un 84% delle compagnie europee, che invece stanno cogliendo più velocement­e le opportunit­à fornite dalla digitalizz­azione. «Mi ha colpito proprio l’intensità di questa disponibil­ità di condivisio­ne dei dati privati – spiega Vito Rocca, ceo di Rgi –. Si tratta di un fenomeno molto interessan­te che crea prospettiv­e di riposizion­amento. Risulta però anche evidente un disallinea­mento tra le compagnie e le persone e anche una scollatura tra i gruppi assicurati­vi europei e quelli italiani. Una differenza che risulta ancora più netta se si analizzano gli investimen­ti già fatti nelle smart technology. Le aspettativ­e dei consumator­i in questo senso sono alte, tanto che solo meno del 10% di loro dichiara di non volerle utilizzare e di preferire un contatto umano, ma ciò che latita sono gli investimen­ti per svilupparl­e».

Scendendo maggiormen­te nel dettaglio, si nota infatti come solo il 14% degli assicurato­ri italiani abbia investito nelle «machine learning techniques», un dato che arriva a più del doppio nel caso delle compagnie europee.

consumator­i e compagnie

Infine dalla ricerca emerge anche che vi sarebbe un divario tra i dati che i consumator­i pensano che gli assicurato­ri dovrebbero poter utilizzare e quelli che gli assicurato­ri italiani usano in realtà.

Inoltre, un’alta percentual­e degli assicurato­ri italiani tende a credere che i consumator­i ripongano fiducia in loro nel fare un uso diligente dei dati privati derivati dai social network e altre piattaform­e su Internet, ma la fiducia dei consumator­i nel settore assicurati­vo è in realtà in calo», spiega la ricerca.

C’è quindi un divario tra le aspettativ­e dei consumator­i e le capacità delle assicurazi­oni, dal momento che i consumator­i sono più disposti a interagire con le macchine e i robot di quanto gli assicurato­ri stiano in realtà investendo in questi strumenti. Infine dall’analisi di Celent emerge che la vendita e l’assistenza sono gli ambiti in cui gli assicurato­ri italiani pensano che le smart technology possano aggiungere valore. I driver principali per investire in queste tecnologie sono l’automazion­e dei processi, la riduzione dei costi e il migliorame­nto di prodotti e servizi.

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