Renzi «stringe» sull’Italicum Dalla Cassazione no al Codacons
pC’è più di un motivo per chiudere presto l’accordo nel Pd sulle modifiche all’Italicum. Come non a caso chiede Gianni Cuperlo, il rappresentante della minoranza interna nella commissione dem messa su dopo le aperture di Matteo Renzi all’ultima direzione del partito. L’ex sfidante di Renzi alle primarie ha tutto l’interesse a chiarire la sua posizione, ora “congelata”, riguardo al referendum. Che Cuperlo non voglia restare schiacciato sulla strada del No al superamento del bicameralismo perfetto intrapresa prima da Massimo D’Alema e poi da Pier Luigi Bersani è un fatto certificato dalla sua presenza nella commissione del Pd (di cui fanno parte il presidente del partito Matteo Orfini, il vicesegretario Lorenzo Guerini e i capigruppo in Parlamento Ettore Rosato e Luigi Zanda). Ma certo Cuperlo per cambiare la sua posizione - ad ora No al referendum se non cambia l’Italicum - ha bisogno di un atto concreto. Nessuno pensa alla presentazione di un vero e proprio disegno di legge, dal momento che le opposizioni (M5S, Fi e Lega) non vogliono sentir parlare di legge elettorale fino a dopo il referendum e dal momento che la Corte costituzionale si dovrà comunque pronunciare. Tuttavia l’eventuale accordo nel Pd dovrebbe prendere la forma di un or- dine del giorno in Parlamento (e questo servirebbe anche a prevenire le possibili obiezioni della Consulta sull’Italicum) oppure, almeno, di un documento da approvare in direzione.
Dall’altra parte è interesse dello stesso Renzi e dello stato maggiore del Pd chiudere il prima possibile. Contatti e colloqui ci sono tutti i giorni, e la commissione do- vrebbe tornare a riunirsi in settimana. Ma l’accordo, sempre se sarà possibile concluderlo, ci sarà la prossima settimana. In tempo per la celebrazione della terza edizione della Leopolda con Renzi seduto a Palazzo Chigi, dal 4 al 6 novembre. Anche perché la campagna elettorale sta per entrare nel vivo e in una situazione in cui metà degli italiani non sa ancora se andrà a votare e l’altra metà è praticamente divisa in due - come nota un dirigente renziano - riuscire a portare Cuperlo dalla parte del Sì potrebbe contribuire a smuovere voti decisivi. Isolando Bersani dalla parte di d’Alema. A quanto si è capito i punti su cui si sta lavorando seguono la traccia di quanto indicato da Renzi in direzione, anche se il premier e segretario del Pd non vuole impegnarsi ad eliminare il meccanismo del ballottaggio, l’unico che può garantire una maggioranza certa in un sistema politico ormai tripolare. Ma si pensa a introdurre la possibilità di apparentamento tra liste tra primo e secondo turno e, forse, a introdurre il principio di una so- glia minima di voti al primo turno per accedere al ballottaggio (quest’ultimo punto, in particolare, dovrebbe servire nell’intento dei “commissari” dem a prevenire le possibili obiezioni della Consulta). Per il resto, come già indicato da Renzi, si ragiona sul superamento del meccanismo dei capilista bloccati (con l’introduzione dei collegi o con l’estensione delle preferenze e a tutti i candidati in lista) e sull’eliminazione della possibilità di candidature plurime.
Riuscire a portare Cuperlo dalla parte del Sì servirebbe per di più a Renzi a dimostrare che sul No sono schierati solo i “vecchi” del Pd e del centrosinistra. In questo senso non è casuale la scelta da parte del premier del prossimo competitor televisivo dopo il duetto con il presidente emerito della Consulta Gustavo Zagrebelsky, sempre su La 7 e sempre con Enrico Mentana come moderatore il prossimo venerdì: Ciriaco De Mita. Come a dire, Prima Repubblica contro Terza... Intanto la Cassazione, dopo il Tar, toglie ancora una volta agli oppositori della riforma Boschi l’argomento del quesito referendario,che sarebbe concepito in modo “elettoralistico”: respingendo l’istanza del Codacons i supremi giudici giudicano il quesito «idoneo».
LA SFIDA CON DE MITA Il segretario Pd affronterà venerdì su La 7 l’ex leader Dc De Mita. Nel Pd si tratta sul ballottaggio «soft»: sì ad apparentamenti e soglia