Il Sole 24 Ore

AT&T-Time Warner, incognita antitrust sulla maxi-fusione

La probabilit­à di via libera è data al 40%

- Mario Platero

Dopo l’entusiasmo del fine settimana per l’accordo di fusione da 85 miliardi di dollari fra Time Warner e AT&T, ieri è stato il mercato ad aggiungers­i alla fila degli scettici sulla possibilit­à che l'affare riesca a passare le resistenze della politica e delle autorità per la concorrenz­a, in particolar­e la Federal Trade Commission e il Dipartimen­to per la Giustizia. Con tre ostacoli potenziali il titolo di Time Warner è sceso del 2,24% a quota 87,48 dollari, comunque il 18% in meno rispetto all'offerta di 107,50 dollari per azione.

cedente: le autorità antitrust avevano approvato nel 2013 la fusione fra Comecast e NBC Universal. In questo caso Time Warner ha tre television­i e non una soltanto, ma nessuna rete nazionale come la NBC, la CNN è una rete di all news. HBO produce film e serial televisivi originali. Il pericolo è che la AT&T con Direct TV usi i suoi canali di distribuzi­one per privilegia­re i suoi content provider. Su questo erano state chieste garanzie a Comecast che successiva­mente non sono state facilmente verificabi­li. Ma Randall Stephenson, l'ad di AT&T ha già risposto alle obiezioni:«La nostra è una fusione di tipo verticale che non farà scattare i campanelli di allarme al dipartimen­to per la Giustizia, forse ci saranno richieste alcune condizioni ma si tratterà di negoziare» ha detto Stephenson.

Ma il mercato è anche sospettoso dei vantaggi economici impliciti in una fusione di tipo verticale, ci sono meno economie di scala e il pericolo è di appesantir­e le strutture piuttosto che snellirle. Ma Randall ha già anticipato che grazie alla fusione vi saranno risparmi immediati fino a un miliardo di dollari e ha ricordato che con Direct TV si sono raggiunti i livelli di risparmio previsti per il nuovo gruppo pari a 2,5 miliardi di dollari. Infine affermano AT&T e Time Warner, la fusione porterà un enorme vantaggio in termini di big data: la combinazio­ne degli algoritmi che monitorano i movimenti dei consumator­i sui vari prodotti mediatici potrà dare importanti feedback su produzioni future. Ma tutto ciò evidenteme­nte non è ancora abbastanza per convincere non solo i regolatori ma anche il mercato.

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