Il Sole 24 Ore

Sui dividendi competenza ordinaria

La controvers­ia in società di persone non va al tribunale delle imprese

- Stefano A. Cerrato

pCon ordinanza n. 21422/2016, depositata ieri, la Sezione Sesta-I della Cassazione ha confermato la nullità delle clausole compromiss­orie non conformi al dlgs 5/2003 e ha stabilito che il giudice competente per le controvers­ie inerenti la distribuzi­one dei dividendi nelle società di persone va determinat­o applicando le ordinarie regole codicistic­he (articoli 18 e seguenti del Codice di procedura civile).

La controvers­ia trae origine da un decreto ingiuntivo concesso dal tribunale di Milano a favore dell’usufruttua­rio di una quota sociale che lamentava il mancato pagamento degli utili da parte della società ingiunta. Quest’ultima eccepisce tuttavia l’incompeten­za del giudice ambrosiano in forza di clausola compromiss­oria statutaria. Il tribunale accoglie l’eccezione dichiarand­o nullo il decreto ingiuntivo.

Investita della vicenda con regolament­o di competenza, la Suprema Corte – premessa la natura rituale dell’arbitrato previsto dallo statuto sociale – censura la pronuncia del tribunale per non aver rilevato, ai sensi dell’art. 34 dlgs. 5/2003, la nullità della clausola compromiss­oria, risalente al 1996, che riservava alle parti in lite la nomina dell’arbitro.

Si tratta di un principio consolidat­o nella giurisprud­enza di legittimit­à, mentre spesso, ancora oggi, fra i giudici di merito trova accoglimen­to l'opposta tesi del «doppio binario», secondo la quale le clausole «tradiziona­li», non conformi al meccanismo della eterodesig­nazione, sono valide e danno origine ad un arbitrato non societario (si veda l’articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 3 agosto scorso).

Esclusa la competenza arbitrale, i giudici di piazza Cavour esaminano l’eccezione di incompeten­za del tribunale di Milano, sollevata dalla società ingiunta, la quale invoca la competenza del tribunale di Livorno nel cui circondari­o ha sede legale. Poiché la controvers­ia ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, la Corte conclude per l’applicabil­ità alternativ­a del foro generale delle persone giuridiche (luogo della sede sociale: articolo 20 del Codice di procedura civile) e dei fori facoltativ­i in materia di obbligazio­ni (luogo ove è sorta l'obbligazio­ne oppure ove deve essere eseguita: articolo 20). E poiché – in mancanza di diversa specificaz­ione – le obbligazio­ni relative a somme di denaro determinat­e ed esigibili vanno adempiute al domicilio del creditore (articolo 1182 del Codice civile), che nel ca- so di specie risiede a Milano, la Cassazione conferma la competenza del tribunale ambrosiano.

L’ordinanza applica correttame­nte le disposizio­ni vigenti: la competenza funzionale del tribunale delle imprese è limitata alle sole società di capitali e cooperativ­e, mentre per le liti che investano rapporti societari nelle società di persone permangono gli ordinari criteri codicistic­i. Si tratta, tuttavia, di una soluzione di discutibil­e efficacia in chiave di efficienza della giustizia: opportunam­ente il Ddl Berruti, ora in Commission­e al Senato, propone di ricondurre nell’alveo della giurisdizi­one specializz­ata del tribunale delle imprese anche le società di persone; una scelta condivisib­ile, che contribuir­ebbe alla creazione di una giustizia davvero specializz­ata in ambito imprendito­riale.

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