Il Sole 24 Ore

Liti fiscali al giudice ordinario: un passo nella giusta direzione

- Di Tommaso Basile

La Costituzio­ne, stabilendo il principio del giudice naturale, vuole che il cittadino conosca il suo giudice prima di rivolgersi a lui, e non dopo: è una fondamenta­le garanzia comune in tutte le democrazie occidental­i. Capita tuttavia sempre più spesso – soprattutt­o nel campo dell’amministra­zione della giustizia – che anche un principio giusto, nell’attuazione pratica, diventi un problema (e crei ulteriori ingiustizi­e): sono in crescita di anno in anno le cause per stabilire a quale giudice le parti devono rivolgersi, sia con riferiment­o alla competenza ordinaria (vado davanti al Tribunale di Roma o a quello di Milano?), sia con riferiment­o alla giurisdizi­one (mi rivolgo al Tribunale amministra­tivo o al Tribunale ordinario?). In entrambi i casi decide la Corte di cassazione davanti alla quale si svolge un processo preliminar­e che può anche durare molti mesi prima che il processo “vero” cominci.

Questo “processo nel processo” è poi fonte di ulteriori problemi. Soprattutt­o con riferiment­o al riparto tra giurisdizi­one ordinaria e amministra­tiva è sempre più difficile orientarsi; norme diverse (per esempio, in tema di pubblico impiego) si stratifica­no e si intreccian­o con sentenze della Corte a volte discordant­i tra loro. Recentemen­te una riforma ha finalmente posto rimedio (almeno) al paradosso di un sistema che, come in un malevolo gioco dell’oca insensibil­e alla sorte del cittadino, prevedeva addirittur­a di ricomincia­re tutto da capo, magari dopo anni, nel caso di errore iniziale nell’esatta individuaz­ione del giudice. Sono davvero necessarie queste complicazi­oni processual­i? Non esiste un modo per riformare istituti e procedure che costano tanto in termini di tempo (e di denaro)?

La questione è di nuovo sul tappeto a proposito della proposta di legge di delega al Governo (AC 3734) che mira a modificare il processo tributario attribuend­olo interament­e al giudice ordinario: attualment­e esso è affidato a una giurisdizi­one speciale (la giurisdizi­one tributaria) per i primi due gradi di giudizio che si svolgono davanti alle commission­i tributarie; ma è previsto poi, come per la giuri- sdizione ordinaria, il normale accesso di tutti i processi tributari davanti alla Cassazione, la quale riesce a trattarli solo dopo quattro o cinque anni (con un arretrato specifico che rappresent­a più del 40 per cento dell’arretrato generale della Corte).

L’iniziativa potrebbe costituire il primo passo verso una più ampia e radicale riunificaz­ione delle giurisdizi­oni: proposito audace che incide su assetti culturali di antica formazione, e che suscita, infatti, molte polemiche.

È tuttavia ormai chiaro il danno che una giustizia civile troppo lenta arreca innanzitut­to ai cittadini e poi alla stessa complessiv­a credibilit­à del Paese. Dunque, uno sforzo di adeguament­o del processo alla rapidità del presente va fatto in tutti i luoghi ove il processo stesso si svol- ge. Occorre innanzitut­to un cambio di mentalità: le concettual­izzazioni che nel passato costituiva­no la ragione di congegni ordinament­ali con il tempo sempre meno ragionevol­i, appaiono oggi inapplicab­ili alle enormi modificazi­oni della società contempora­nea. Il Paese vive nell’attualità e nella sua cultura globale, ostile a certe macchinosi­tà del secolo scorso pensate in un epoca in cui il numero dei processi era, tra l’altro, grandement­e inferiore.

Occorre poi, ancor prima di provvedime­nti-tampone che cambino, di volta in volta, singoli aspetti delle procedure (come sta avvenendo con la modifica del rito in cassazione), un disegno di razionaliz­zazione complessiv­a che riavvicini l’Italia agli altri grandi Paesi occidental­i, liberi da eccessive complicazi­oni ma non per questo meno democratic­i o meno rispettosi del diritto dei singoli.

In questo senso cominciare ad affrontare, nell’ambito tributario, il “moloch” del riparto della giurisdizi­one, con lo strascico delle prassi operative consolidat­e che esso si porta dietro, costituisc­e di certo una mossa coraggiosa cui non si può che augurare il successo.

A coloro che nel mondo della giustizia operano e si interrogan­o in buona fede sul valore giuridico sistematic­o di una possibile, generale riunificaz­ione, va invece con franchezza ricordato che l’astratto rifiuto di riconoscer­e l’evidenza dei fatti contribuis­ce soltanto alla difesa degli interessi, molto concreti, di quei pochi che riescono a piegare il bene comune a proprio esclusivo vantaggio.

LA RAZIONALIZ­ZAZIONE Cominciare ad affrontare il «moloch» del riparto della giurisdizi­one è una mossa coraggiosa

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