Liti fiscali al giudice ordinario: un passo nella giusta direzione
La Costituzione, stabilendo il principio del giudice naturale, vuole che il cittadino conosca il suo giudice prima di rivolgersi a lui, e non dopo: è una fondamentale garanzia comune in tutte le democrazie occidentali. Capita tuttavia sempre più spesso – soprattutto nel campo dell’amministrazione della giustizia – che anche un principio giusto, nell’attuazione pratica, diventi un problema (e crei ulteriori ingiustizie): sono in crescita di anno in anno le cause per stabilire a quale giudice le parti devono rivolgersi, sia con riferimento alla competenza ordinaria (vado davanti al Tribunale di Roma o a quello di Milano?), sia con riferimento alla giurisdizione (mi rivolgo al Tribunale amministrativo o al Tribunale ordinario?). In entrambi i casi decide la Corte di cassazione davanti alla quale si svolge un processo preliminare che può anche durare molti mesi prima che il processo “vero” cominci.
Questo “processo nel processo” è poi fonte di ulteriori problemi. Soprattutto con riferimento al riparto tra giurisdizione ordinaria e amministrativa è sempre più difficile orientarsi; norme diverse (per esempio, in tema di pubblico impiego) si stratificano e si intrecciano con sentenze della Corte a volte discordanti tra loro. Recentemente una riforma ha finalmente posto rimedio (almeno) al paradosso di un sistema che, come in un malevolo gioco dell’oca insensibile alla sorte del cittadino, prevedeva addirittura di ricominciare tutto da capo, magari dopo anni, nel caso di errore iniziale nell’esatta individuazione del giudice. Sono davvero necessarie queste complicazioni processuali? Non esiste un modo per riformare istituti e procedure che costano tanto in termini di tempo (e di denaro)?
La questione è di nuovo sul tappeto a proposito della proposta di legge di delega al Governo (AC 3734) che mira a modificare il processo tributario attribuendolo interamente al giudice ordinario: attualmente esso è affidato a una giurisdizione speciale (la giurisdizione tributaria) per i primi due gradi di giudizio che si svolgono davanti alle commissioni tributarie; ma è previsto poi, come per la giuri- sdizione ordinaria, il normale accesso di tutti i processi tributari davanti alla Cassazione, la quale riesce a trattarli solo dopo quattro o cinque anni (con un arretrato specifico che rappresenta più del 40 per cento dell’arretrato generale della Corte).
L’iniziativa potrebbe costituire il primo passo verso una più ampia e radicale riunificazione delle giurisdizioni: proposito audace che incide su assetti culturali di antica formazione, e che suscita, infatti, molte polemiche.
È tuttavia ormai chiaro il danno che una giustizia civile troppo lenta arreca innanzitutto ai cittadini e poi alla stessa complessiva credibilità del Paese. Dunque, uno sforzo di adeguamento del processo alla rapidità del presente va fatto in tutti i luoghi ove il processo stesso si svol- ge. Occorre innanzitutto un cambio di mentalità: le concettualizzazioni che nel passato costituivano la ragione di congegni ordinamentali con il tempo sempre meno ragionevoli, appaiono oggi inapplicabili alle enormi modificazioni della società contemporanea. Il Paese vive nell’attualità e nella sua cultura globale, ostile a certe macchinosità del secolo scorso pensate in un epoca in cui il numero dei processi era, tra l’altro, grandemente inferiore.
Occorre poi, ancor prima di provvedimenti-tampone che cambino, di volta in volta, singoli aspetti delle procedure (come sta avvenendo con la modifica del rito in cassazione), un disegno di razionalizzazione complessiva che riavvicini l’Italia agli altri grandi Paesi occidentali, liberi da eccessive complicazioni ma non per questo meno democratici o meno rispettosi del diritto dei singoli.
In questo senso cominciare ad affrontare, nell’ambito tributario, il “moloch” del riparto della giurisdizione, con lo strascico delle prassi operative consolidate che esso si porta dietro, costituisce di certo una mossa coraggiosa cui non si può che augurare il successo.
A coloro che nel mondo della giustizia operano e si interrogano in buona fede sul valore giuridico sistematico di una possibile, generale riunificazione, va invece con franchezza ricordato che l’astratto rifiuto di riconoscere l’evidenza dei fatti contribuisce soltanto alla difesa degli interessi, molto concreti, di quei pochi che riescono a piegare il bene comune a proprio esclusivo vantaggio.
LA RAZIONALIZZAZIONE Cominciare ad affrontare il «moloch» del riparto della giurisdizione è una mossa coraggiosa