Il Sole 24 Ore

Il rilancio possibile con capitali privati

- Di Alessandro Graziani

Con il varo del nuovo piano industrial­e, la corsa al rilancio del Monte Paschi con capitali privati supera un altro ostacolo. Il piano segna una svolta vera. Non solo dal punto di vista finanziari­o, con aumento di capitale e maxi-cessione degli Npl. Ma anche dal punto di vista del business model, come chiesto dalla vigilanza Bce. Il buon esito dell’operazione passa ora interament­e nelle mani del mercato.

Il piano messo a punto dal nuovo amministra­tore delegato di Mps Marco Morelli è caratteriz­zato da una prudenza di fondo sia sulle assunzioni di base dei dati macroecono­mici che sui target reddituali futuri. Prudenza anche sul taglio dei costi (+1,5%) e sulla crescita dei ricavi (+1,8%). Quasi a voler lasciare sorprese positive ai futuri azionisti che, sottoscriv­endo la ricapitali­zzazione da 5 miliardi della banca, saranno i nuovi «padroni» della banca. Dal punto di vista industrial­e, le novità più rilevanti riguardano il cambiament­o del business model. Chiusura degli sportelli, riduzione del personale ma soprattutt­o accentuazi­one sulla digitalizz­azione dei servizi bancari e riassetto del credito con il fondamenta­le passaggio organizzat­ivo della supervisio­ne dei prestiti della banca dalla direzione commercial­e alla direzione crediti.

Il nuovo Monte Paschi - che come noto nascerà sgravato dall’intero portafogli­o di 27 miliardi di crediti lordi in sofferenza e con una copertura degli incagli superiore alla media del sistema bancario - sarà soprattutt­o una banca concentrat­a sul retail e sullo small business. E la redditivit­à futura beneficerà dalla riduzione sensibile degli accantonam­enti sui crediti a rischio, a valle della «ripulitura» del portafogli­o.

Su questi pilastri industrial­i e finanziari, il piano può portare alla nascita di una «good bank» in grado di macinare 1,1 miliardi di utile netto nel 2019. Ma perché il piano basato su capitali privati si realizzi, serve il pieno sostegno degli investitor­i a dicembre, subito dopo il referendum costituzio­nale, quando Morelli e i suoi advisor JP Morgan e Mediobanca puntano ad andare sul mercato. Una fretta che non è conseguenz­a delle pressioni di Bce, non risultano ultimatum sui tempi della ricapitali­zzazione, ma della volontà della banca di avviare il 2017 a pieno regime come anno della riscossa. A questo piano privato, allo stato delle cose, non esistono alternativ­e realistich­e. L’unico piano B è quello di intervento pubblico dello Stato, finora sempre negato e ipotizzabi­le ormai solo in caso d’emergenza, con un bail-in dalle imprevedib­ili conseguenz­e, oltreché per i detentori di obbligazio­ni subordinat­e, anche per l’intero sistema bancario italiano.

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