Il rilancio possibile con capitali privati
Con il varo del nuovo piano industriale, la corsa al rilancio del Monte Paschi con capitali privati supera un altro ostacolo. Il piano segna una svolta vera. Non solo dal punto di vista finanziario, con aumento di capitale e maxi-cessione degli Npl. Ma anche dal punto di vista del business model, come chiesto dalla vigilanza Bce. Il buon esito dell’operazione passa ora interamente nelle mani del mercato.
Il piano messo a punto dal nuovo amministratore delegato di Mps Marco Morelli è caratterizzato da una prudenza di fondo sia sulle assunzioni di base dei dati macroeconomici che sui target reddituali futuri. Prudenza anche sul taglio dei costi (+1,5%) e sulla crescita dei ricavi (+1,8%). Quasi a voler lasciare sorprese positive ai futuri azionisti che, sottoscrivendo la ricapitalizzazione da 5 miliardi della banca, saranno i nuovi «padroni» della banca. Dal punto di vista industriale, le novità più rilevanti riguardano il cambiamento del business model. Chiusura degli sportelli, riduzione del personale ma soprattutto accentuazione sulla digitalizzazione dei servizi bancari e riassetto del credito con il fondamentale passaggio organizzativo della supervisione dei prestiti della banca dalla direzione commerciale alla direzione crediti.
Il nuovo Monte Paschi - che come noto nascerà sgravato dall’intero portafoglio di 27 miliardi di crediti lordi in sofferenza e con una copertura degli incagli superiore alla media del sistema bancario - sarà soprattutto una banca concentrata sul retail e sullo small business. E la redditività futura beneficerà dalla riduzione sensibile degli accantonamenti sui crediti a rischio, a valle della «ripulitura» del portafoglio.
Su questi pilastri industriali e finanziari, il piano può portare alla nascita di una «good bank» in grado di macinare 1,1 miliardi di utile netto nel 2019. Ma perché il piano basato su capitali privati si realizzi, serve il pieno sostegno degli investitori a dicembre, subito dopo il referendum costituzionale, quando Morelli e i suoi advisor JP Morgan e Mediobanca puntano ad andare sul mercato. Una fretta che non è conseguenza delle pressioni di Bce, non risultano ultimatum sui tempi della ricapitalizzazione, ma della volontà della banca di avviare il 2017 a pieno regime come anno della riscossa. A questo piano privato, allo stato delle cose, non esistono alternative realistiche. L’unico piano B è quello di intervento pubblico dello Stato, finora sempre negato e ipotizzabile ormai solo in caso d’emergenza, con un bail-in dalle imprevedibili conseguenze, oltreché per i detentori di obbligazioni subordinate, anche per l’intero sistema bancario italiano.