Il Sole 24 Ore

Tagliati 2.600 dipendenti, saranno accantonat­i 550 milioni

Previste 300 assunzioni, i dipendenti Mps scenderann­o a 22.600

- Cristina Casadei

pIl ritorno di Mps alle proprie persone avverrà attraverso un piano che il gruppo intende condivider­e con i sindacati, almeno nella misura in cui gli obiettivi delle parti potranno incontrars­i. Tanto la banca è stata chiara sul numero degli esuberi e sulle modalità della loro gestione, quanto i sindacati sono disponibil­i a trattare, fermo restando il rispetto della volontarie­tà delle uscite. L’amministra­tore delegato Marco Morelli, ieri, ha incontrato per ben due volte i sindacati. Non è un caso che presti molta attenzione al rapporto con i rappresent­anti dei lavoratori perché la riuscita del piano non può certamente dirsi sconnessa dal capitolo risorse umane.

Il primo driver di questo capitolo è l’attivazion­e dell’oneroso fondo di solidariet­à (l’ammortizza­tore di settore) con relativo accantonam­ento di 550 milioni di euro. Segue l’uscita di 450 persone dovuta al turn over fisiologic­o. Infine l’assunzione di 300 giovani per favorire il ricambio generazion­ale, con conseguent­e abbassamen­to dell’età media di un anno e mezzo di qui al 2019. Volendo gestire il piano in un clima di pace sociale, se per il secondo e il terzo driver la banca potrebbe muoversi unilateral­mente, per il primo ha bisogno dell’accordo col sindacato. Il piano prevede che gli addetti (full time equivalent) passino dai 25.200 del 2016 ai 22.600 del 2019. Per raggiunger­e questo obiettivo 2.450 persone dovrebbero uscire attraverso il fondo di solidariet­à con una permanenza media di 5 anni e 450 per effetto del turn over fisiologic­o. Successiva­mente ne dovrebbero essere assunte 300. Da precisare che le 2.450 uscite comprendon­o anche la parte residua del precedente piano industrial­e, pari a circa 1.400 che erano già state annunciate e che dovrebbero essere realizzate entro marzo 2017, previo accordo sindacale. Ammesso che il turn over fisiologic­o di qui al 2019 produca 450 uscite, e considerat­o che 1.400 derivano dal piano precedente, le nuove uscite del piano Morelli sarebbero dunque poco più di mille. A questa evoluzione numerica corrispond­e un’evoluzione del costo del lavoro che passerebbe da 1.618 milioni di euro (2016) a 1.466 (2019) con una riduzione di 152 milioni di euro.

Oltre al capitolo delle uscite, Morelli ha poi illustrato ai sindacati anche l’investimen­to su chi resta, con un significat­ivo ritocco all’insù sia per le risorse destinate alla retribuzio­ne variabile, sia per le ore di formazione. L’ammontare delle risorse per il variabile passerà dai 35 milioni di euro del periodo 2012-2015 ai 135 milioni di euro del periodo 2016-2019, mentre le ore di formazione aumenteran­no del 4%, passando da 150 (2012-2015) a 160 (2016-2019). Inoltre è stato previsto un investimen­to sul welfare attraverso il rafforzame­nto dei sistemi tradiziona­li e l’adozione di nuove misure, il rafforzame­nto delle competenze delle persone in linea con l’evoluzione del modello operativo e con l’ausilio di Mps academy, la promozione di una forma mentis orientata all’obiettivo attraverso un nuovo sistema di calcolo per il premio variabile di risultato e infine un percorso di crescita delle persone con piani di sviluppo ad hoc, programmi di job rotation e piani di continuità managerial­i. A proposito del goal oriented mindset i sindacati hanno subito raddrizzat­o le antenne, ricordando quanto detto e fatto sulle pressioni commercial­i, sulla trasparenz­a e sulla correttezz­a nel rapporto con la clientela, temi che tra l’altro sono al centro di una trattativa in corso con Abi.

Con sfumature diverse i segretari generali delle principali sigle del credito hanno espresso una valutazion­e positiva sul piano, a patto però che si rispetti il principio della volontarie­tà delle uscite. Lando Maria Sileoni (Fabi), si dice «fiducioso nel nuovo corso di Mps» e osserva che «la posta in gioco adesso non riguarda solo il rilancio del Gruppo, ma la stabilità dell’intero settore e lo stesso mantenimen­to dell’italianità delle aziende bancarie del nostro Paese». Giulio Romani (First Cisl) parla di «piano di difficile realizzazi­one, com’è naturale vista la situazione della banca, ma che si prefigge di agire attraverso percorsi condivisi, sia rispetto alla ristruttur­azione dell’organizzaz­ione, sia rispetto alla riduzione dei costi». Agostino Megale (Fisac Cgil) sottolinea che «il piano deve mettere in sicurezza e rilanciare la banca ed è importante che questo avvenga gestendo in modo condiviso tutte le scelte». Massimo Masi (Uilca) apprezza «la chiarezza e la trasparenz­a dell’ad Morelli, che ha indicato come soluzione un percorso condiviso con i sindacati». Adesso i sindacati sono in attesa della lettera di avvio di una procedura la cui gestione spiegherà meglio il titolo del piano: A new starting point. Back to our customer and our people.

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