L’Eurozona ritrova slancio con la spinta di Berlino
SEGNALI DI FIDUCIA DALL’IFO E DALL’INDICE PMI A OTTOBRE
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Una serie di i ndicatori pubblicati negli ultimi due giorni fa pensare che l’economia dell’Eurozona possa andare meglio del previsto nell’ultimo trimestre dell’anno, al traino della Germania. Questo può rinfocolare le richieste da parte tedesca perché la Bce riduca lo stimolo monetario.
L’indice Ifo sulla fiducia delle imprese tedesche, diffuso ieri, mostra un aumento in ottobre da 109,5 a 110,5, al livello più alto da due anni e mezzo a questa parte. La maggior parte degli economisti di mercato prevedeva una riduzione o, alla meglio, uno stallo. «Le imprese tedesche – ha commentato Clemens Fuest, presidente del centro di ricerca economica di Monaco di Baviera che elabora l’indice - sono più soddisfatte della loro situazione attuale e hanno espresso anche un ottimismo molto più forte sui mesi a venire. La ripresa dell’economia tedesca sta guadagnando spinta». È «particolarmente degno di nota il forte aumento delle aspettative di business nel settore industriale negli ultimi due mesi», sostiene in una nota Rolf Schneider, economista di Allianz: il settore manifatturiero era rimasto finora indietro fra i fattori di crescita. Lunedì, anche il sondaggio Pmi di Ihs Markit aveva mostrato per ottobre un guadagno per la Germania da 52,8 a 55,1, anche questo al di sopra delle attese e più vigoroso che nel complesso dell’Eurozona, dove ha comun- que registrato un miglioramento da 52,8 a 53,7.
Il quarto trimestre, insomma, è cominciato bene, almeno secondo i sondaggi fra le imprese (che, per la verità, in Germania non sempre vengono confermati dai dati reali). Sono tutti elementi di cui la Bce terrà conto nella sua riunione dell’8 dicembre, quando deciderà, come ha dichiarato in conferenza stampa la settimana scorsa il suo presidente Mario Draghi, se estendere il programma di acquisto di titoli (Qe) oltre il marzo dell’anno prossimo. A dicembre, il consiglio della Bce avrà a disposizione anche le nuove proiezioni macroeconomiche dello staff. Secondo Jennifer McKeown, di Capital Economics, «con le altre parti dell’Eurozona, soprattutto la Francia e l’Italia, che vanno molto peggio della Germania, la Bce dovrà offrire un ulteriore sostegno di politica monetaria per ottenere il suo obiettivo d’inflazione nell’area euro». La periferia dell’Eurozona, secondo una nota diffusa da Ihs Markit con l’indice Pmi, «ha ripreso vita rispetto ai minimi degli ultimi 21 mesi tocc at i a s e t t e m b r e , m a continua a segnare la più debole espansione degli ultimi due anni».
L’indice Ifo, osserva Tobias Ruehl, di UniCredit, mostra che la domanda interna (consumi e costruzioni) resta una robusta fonte di crescita e che la modesta ripresa nel resto dell’Eurozona aiuta gli esportatori tedeschi. Ma la forza dell’economia tedesca, notano altri economi- sti, può anche fare da traino per le altre economie dell’area euro.
Le conseguenze di breve termine della Brexit, la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione europea, sono state invece, secondo Ruehl, finora inferiori a quanto si temeva. L’istituto di ricerca di Colonia, Iw, calcola tuttavia che nel 2017 l’impatto di Brexit sulla crescita in Germania sarà negativo per uno 0,25 per cento. L’economia tedesca, secondo Olka Tschekassin, di Barclays, sarà la più colpita, attraverso i canali del commercio e dell’investimento, dal rallentamento della Gran Bretagna.
Lunedì la Bundesbank, nel suo bollettino mensile, aveva osservato che nel terzo trimestre l’economia tedesca ha accusato un indebolimento, ma che la tendenza di fondo resta forte e che il rallentamento, sulla base delle aspettative del settore manifatturiero e delle esportazioni e l’andamento degli ordini, dovrebbe essere temporaneo, cosa che oggi sembra confermata dai sondaggi fra le imprese. Le previsioni ufficiali del Governo indicano una crescita quest’anno dell’1,8%. Allianz ritiene, sulla base dell’indice Ifo di ottobre, che possa arrivare al 2 per cento.
L’ottimismo delle imprese non si è finora tramutato però in un aumento deciso degli investimenti, il cui andamento resta uno dei punti deboli dell’economia tedesca. Le imprese continuano ad accumulare liquidità, invece di investirla.