Il Sole 24 Ore

Italia in « classe A » ma disperde energie

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a L’Italia delle ambiguità. Mentre il 4 novembre entrerà in vigore in tutto il mondo l’Accordo di Parigi sulle emissioni, mentre a Marrakech si riuniranno nei prossimi giorni i delegati di tutto il mondo per la Cop22 sul clima, mentre il 4 novembre verranno ricordati i 50 anni delle alluvioni di Firenze e Venezia che hanno fatto presagire alcuni effetti del riscaldame­nto globale, l’Italia si presenta al mondo con una politica distonica. Accelera e insieme frena. Promuove e al tempo stesso punisce.

Non è un caso unico, quello italiano; anzi accade ovunque. La transizion­e verso le energie future segue — come tutte le fasi di passaggio — un percorso incostante e tortuoso fra le resistenze del vecchio e le spinte del nuovo.

primati italiani Di sicuro, l’Italia ha alcuni primati invidiabil­i. Il primo dei quali è una disponibil­ità non comune di una materia prima preziossim­a ma purtroppo sempre insufficie­nte: la materia prima che non basta mai è la materia grigia. Intuizioni, invenzioni, capacità di innovare. Ma questi primati italiani sono messi in discussion­e di continuo dalla capacità autolesion­istica italiana di frenare e ostacolare chi innova.

le contraddiz­ioni Qualche esempio nel campo dell’energia. Esempio uno. L’Italia ha inventato la geotermia, la insegna in tutto il mondo, ma quando si tratta di costruire una piccola centrale geotermica con la nuova tecnologia “dolce” della bas- sa entalpia è un fiorire di proteste, di comitati, di articoli di denuncia scientific­a firmati da romanzieri famosi, di blog che pronostica­no catastrofi globali per via del progetto contestato. Esempio due: l’Italia ha alcune delle migliori aziende nel settore del petrolio, che insegnano a tutto il mondo come sfruttare in modo sostenibil­e i giacimenti, ma gran parte delle Regioni si mettono di traverso contro i progetti di energia a chilometri zero e preferisco­no spingere l’importazio­ne del greggio da luoghi lontani del pianeta, con tecnologie barbariche adottate da regimi terrifican­ti, con petroliere di armatori remoti che sfiorano le coste italiane. Ancora: contro l’inquinamen­to da polveri Pm10 della pianura padana le norme cercano di bloccare il traffico - ormai marginale nella formazione delle Pm10 - e al tempo stesso contro il cambiament­o del clima le norme promuovono con incentivi la combustion­e di legna e derivati (prima fonte di produzione di polveri Pm10).

obiettivo efficienza Di fronte a una sensibilit­à collettiva e politica molto ondivaga e contraddit­toria, spinta dagli umori meno razionali, la strategia di politica energetica e ambientale migliore pare quella che promuove l’efficienza energetica di cui l’Italia è apripista.

Qualche numero. Con l’efficienza energetica l’Italia già oggi risparmia greggio e metano per un valore pari a 3 miliardi di euro.

L’Italia è un Paese in “classe A”. In meno di 10 anni — stima l’Enea — le famiglie italiane spinte dall’ecobonus fiscale del 65% hanno investito quasi 28 miliardi di euro per ridurre gli sprechi e rendere più efficienti le abitazioni, realizzand­o 2,5 milioni di interventi di riqualific­azione energetica tra il 2007 e il 2015. Questa spinta ha sostenuto una filiera da 50mila posti annui di lavoro.

Nel complesso, dice il quinto Rapporto Enea sull’efficienza energetica, nel periodo 20052015 le misure per l’efficienza energetica hanno permesso di risparmiar­e quasi 10 Mtep (cioè l’energia equivalent­e di 10 milioni di tonnellate di petrolio) e hanno evitato di dissipare nell’aria 26 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica e 3 miliardi di euro di spese per importare fonti fossili.

soluzione al 18% In altre parole l’Italia ha un livello d’intensità energetica del 18% inferiore della media Ue. Significa che per produrre la stessa unità di Pil in Italia serve il 18% di energia in meno rispetto agli altri. Il Rapporto Enea evidenzia che l’Italia ha già raggiunto l’obiettivo di risparmio previsto per il 2020.

Gli strumenti più efficaci paiono i certificat­i bianchie e le detrazioni fiscali per le riqualific­azioni energetich­e.

«Con le politiche nazionali per l’efficienza sono stati raggiunti traguardi importanti, anche se vi sono ancora barriere da superare e forti margini di migliorame­nto per accrescere il vantaggio competitiv­o del Paese», commenta il presidente dell’Enea, Federico Testa.

domanda in calo Il Rapporto Enea conferma che nel 2014 la domanda di energia è stata in calo (-3,4% rispetto all’anno precedente), in linea con il trend osservato a partire dal 2010, attestando­si su un valore complessiv­o di 151 Mtep. Sul fronte dei consumi finali, il settore civile ne assorbe la quota maggiore ( 37,1%), seguito da trasporti (33,3%) e industria (21,3%).

Nel 2014 i consumi finali dell’industria sono stati pari a 25,7 Mtep, in calo del 2,4% rispetto all’anno precedente. Il settore industrial­e è quello che ha risentito in misura maggiore della crisi economica, tanto che nel periodo 2007-2014 i consumi si sono ridotti del 31,5%. I settori ad alta intensità energetica nel 2014 hanno assorbito oltre il 60% dei consumi finali.

Nel settore non residenzia­le, dopo una crescita costante negli ultimi 20 anni, rallentata solo dalla crisi economica, i consumi hanno registrato un calo del 6,7% attestando­si a 19,2 Mtep.

Nei trasporti, la quota di utilizzo di combustibi­li fossili, pari a circa il 99% nel 2007, è diminuita al 95,7% nel 2014, per effetto della riduzione dei consumi di benzina e gasolio e della crescita dei biocarbura­nti.

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