Ca pire le origini del gas per un’estrazione efficiente
Lo studio degli spostamenti dei fluidi sottoterra porta risparmi. E riduzione di CO2
a Identificare le origini e i movimenti dei fluidi sotterranei per estrarre petrolio e gas in modo più efficiente, sia dal punto di vista economico che ambientale. È la ratio della ricerca “Nuovi traccianti per lo studio delle trasformazioni e degli spostamenti dei fluidi nel sottosuolo” del professore dell’University of Oxford, Christopher Ballentine, vincitore dell’“Eni Award 2016” per la sezione upstream. I fluidi sotterranei, attraverso fenomeni chimici, cambiano nel tempo la porosità della roccia, creano ecosistemi microbici, generano masse minerali e, sotto forma di idrocarburi, forniscono le riserve di energia su cui si basa attualmente la nostra società.
La ricerca di Ballentine vuole quindi mostrare come i giacimenti di gas naturale formati da flussi di acque di falda su scala di bacino e da degassaggio (procedimento che porta alla rimozione di gas disciolti nei liquidi) possano essere differenziati da giacimenti formati attraverso la risalita del gas dagli strati più profondi per spinta idrostatica. Lo studio offre poi la possibilità di decidere se la formazione di minerali sia avvenuta per contatto con l’acqua a livello regionale o locale, fondamentali per la comprensione dei campi petroliferi del Mare del Nord. Infine la ricerca aiuta a determinare il tasso di produzione biogenica di metano attraverso l’analisi del bacino SanJuan (Usa) e in quello di Albany Shale, in Michigan. Tutto ciò, commenta Ballentine, «porterà notevoli risparmi di tempo, fatica e denaro».
Il professore di Oxford ha inoltre mostrato il ruolo chiave delle acque di falda regionali nell’accumulo e concentrazione di azoto ed elio, in grado di creare giacimenti di elio sfruttabili commercialmente. Il professore ha poi dimostrato che la trasformazione della CO2 in minerali stabili rappresenta un fenomeno di ri-
dotte proporzioni e che la sua dissoluzione si interrompe una volta raggiunta la saturazione della fase acquosa, portando come conseguenza ad avere CO2 in fase separata. Questo aspetto è fondamentale sia negli studi che valutano l’impiego della CO2 nei processi di recupero assistito di greggio, sia in quelli sullo smaltimento della CO2 in giacimenti esauriti o in profondità.
«Questo lavoro permette di capire il rischio legato alla ricerca di idrocarburi, in particolare individuando la probabile presenza di azoto o anidride carbonica durante l’esplorazione per le prospettive del gas naturale - spiega -: capire come l’anidride carbonica “si comporta” sottoterra è essenziale per eliminarla e ridurre al minimo i cambiamenti climatici». Ballentine ha dedicato la sua carriera allo sviluppo di tecniche per una migliore comprensione della provenienza di gas e liquidi in differenti sistemi terrestri, nonché alla determinazione dei ruoli chiave che essi svolgono in questi sistemi, tra cui in particolare l’identificazione dei processi che controllano origine, migrazione e interazione sotterranea di acqua, idrocarburi e CO2 in diversi ambienti continentali.