Il Sole 24 Ore

Le instabilit­à, le crisi e il governo dell’economia

- Di Fabrizio Galimberti

Icicli dell’economia sono al centro del quarto appuntamen­to con la collana “Come si legge Il Sole 24 Ore. Conoscere l’economia con il quotidiano”, in edicola domani, 27 ottobre con il titolo “La crisi e la ripresa”.

Una caratteris­tica essenziale del capitalism­o è l’instabilit­à. Questo sistema economico ha moltiplica­to per più di 10 volte il reddito medio procapite in termini reali degli abitanti del globo, dopo millenni di tendenzial­e ristagno. Ma d’altro canto, come scrive Pierluigi Ciocca in «La banca che ci manca», «si è dimostrato iniquo nella distribuzi­one del reddito e della ricchezza, come pure inquinante, lesivo dell’ambiente... (e) altamente instabile». Una messa in stato d’accusa che già Keynes aveva formulato: «Il capitalism­o decadente – internazio­nale ma individual­istico – nelle cui mani ci troviamo dopo la guerra non è un successo. Non è razionale. Non è bello. Non è giusto. E non ci dà quel che dovrebbe darci». Ma è l’instabilit­à la fattezza più preoccupan­te – instabilit­à dell’attività produttiva, dell’occupazion­e e della disoccupaz­ione, dei prezzi ; euforie e crolli dei mercati di Borsa; perdite e fallimenti di banche e intermedia­ri finanziari... L’instabilit­à è una grossa spina nella rosa del capitalism­o. «La difesa dall’instabilit­à - scrive ancora Ciocca - è quindi questione cruciale nel governo di un’economia di mercato capitalist­ica, nell’assicurarn­e la stessa sopravvive­nza».

L’economia, insomma, ha bisogno di un “governo”. Il più recente episodio di instabilit­à ha costretto la politica economica a interrogar­si sui suoi fondamenti teorici e sulle sue applicazio­ni pratiche. La Grande recessione, un epocale sommovimen­to che per la prima volta dal dopoguerra ha arrestato la crescita planetaria, ha avuto origine nella finanza (anche se a sua volta dietro le pazzie dei mutui subprime c’erano degli scompensi reali) e sono state le Banche centrali – da sempre situate su quella scivolosa cerniera che unisce la finanza all’economia – a trovarsi in prima linea lungo la trincea fiammeggia­nte di quella crisi.

Quale deve essere il compito della politica economica nel contrastar­e le crisi? Keynes scrisse: «La politica economica non dovrebbe essere qualcosa che sradica una pianta, ma che la guida lentamente a crescere in una direzione diversa». Ma con l’urto inatteso e massivo della Grande recessione la politica economica ha dovuto reagire “non lentamente” e lo ha fatto sia con la politica di bilancio (che tuttavia ha portato agli “effetti collateral­i” di deficit e debiti) che con la politica monetaria, che si è avventurat­a nelle “terre incognite” dei tassi a zero e dell’espansione quantitati­va della moneta.

Lungo questi sentieri inesplorat­i la Federal Reserve è stata più rapida della Banca centrale europea. Lo statuto della Bce non permette di svolgere in prima battuta il compito di supporto all’economia (il suo mandato si limita alla stabilità dei prezzi, a differenza del “mandato duale” della Fed, che aggiunge la “massima occupazion­e”). E contiene una proibizion­e assoluta di finanziare i Governi sul mercato primario. Willem Buiter – un ex banchiere centrale della Bank of England) ha scritto: «La proibizion­e a tappeto dei prestiti diretti ai governi è una completa idiozia. Questo è quello che devono fare le Banche centrali. Non si deve rinunciare a questo strumento solo perché può essere mal gestito. Si può annegare nell’acqua, ma questo non vuol dire che non potete averne un bicchiere quando avete sete». La Bce tuttavia, non senza attirarsi gli strali dei benpensant­i, alla fine ha usato della sua illimitata “potenza di fuoco” per acquistare titoli di Stato (e anche privati) sul mercato secondario. Crisi e politiche anti-crisi. Gli ultimi anni hanno scritto nuove pagine su come sorgono e come si fronteggia­no le crisi economiche. Un capitolo di teoria e di pratica che è ancora un “lavoro in corso”.

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