Il Sole 24 Ore

Su multe ed entrate locali la sanatoria divide i Comuni

- Di Pasquale Mirto e Gianni Trovati

La «definizion­e agevolata» delle multe, che permette di chiudere le partite arretrate senza pagare gli interessi accumulati nel tempo, si applica a tutti secondo le intenzioni esplicite del governo, ma esclude la metà dei Comuni secondo la lettera del decreto fiscale (Dl 193/2016) pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 249 di lunedì scorso. La stessa Italia divisa in due si incontra sulla rottamazio­ne della tassa rifiuti e di tutte le altre entrate locali, con l’eccezione di quelle (a partire dall’addizional­e Irpef) che passano in automatico attraverso i meccanismi della riscossion­e statale.

La ragione è semplice. L’articolo 6 del decreto, quello che disciplina la «definizion­e agevolata», spiega nell’incipit che le nuove regole si applicano «relativame­nte ai carichi inclusi in ruoli, affidati agli agenti della riscossion­e negli anni dal 2000 al 2015». Il ruolo, però, è esclusiva di Equitalia e delle sue articolazi­oni, a cui quindi si riferisce la citazione al plurale degli «agenti della riscossion­e», mentre in tutti gli altri casi si usa l’ingiunzion­e fiscale, sia quando a raccoglier­e i tributi locali è direttamen­te il Comune sia quando l’attività è affidata a un agente, privato o pubblico, iscritto all’albo.

In questo quadro, insomma, la possibilit­à per gli automobili­sti, e più in generale per i contribuen­ti, di evitare gli interessi sulle vecchie multe e anche le sanzioni sulle vecchie cartelle dipendereb­be sostanzial­mente dal caso: cioè dal fatto che, nell’anno in cui si è verificato il mancato pagamento, il Comune fosse legato o meno ad Equitalia.

Il problema è diffuso, e per capirlo bastano un paio di numeri.

Dal 2011 al 2015, come ha spiegato solo un mese fa lo stesso amministra­tore delegato di Equitalia Ernesto Maria Ruffini alla commission­e Finanze del Senato, 2.539 Comuni hanno abbandonat­o l’agente nazionale della riscossion­e. Questo esodo, che ha raggiunto il proprio apice in Toscana e Friuli Venezia Giulia dove ha coinvolto più del 70% degli enti locali, è dovuto all’eterno limbo in cui la riscossion­e locale vive dal 2011, quando una riforma poi costanteme­nte rinviata aveva deciso l’uscita di Equitalia dalla gestione degli incassi locali. Nel 2015, anno che chiude l’orizzonte temporale della rottamazio­ne, l’agente nazionale ha gestito la riscossion­e di 3.622 Comuni, cioè il 45% dei municipi italiani, ma il quadro cambia appunto di anno in anno.

La questione solleva evidenti problemi di equità, perché tratta in modo diverso contribuen­ti nella stessa condizione solo sulla base del Comune debitore, e andrà probabilme­nte affrontata con un correttivo al decreto. Che dovrà probabilme­nte occuparsi anche dei riflessi sul bilancio degli enti locali interessat­i.

IL NODO Il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale si riferisce solo ai «ruoli» che sono esclusiva di Equitalia

L’INTERVENTO Per estendere l’operazione a tutti gli enti come vuole il governo serve un correttivo

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