Il Sole 24 Ore

Comunicato sindacale

- Il Cdr

Andiamo avanti con la pubblicazi­one di comunicati con i discorsi tenuti dal comitato di redazione all'assemblea degli azionisti nel corso degli ultimi anni. A testimonia­nza della presenza critica dei giornalist­i, che, purtroppo inascoltat­i, hanno segnalato a tempo debito quello che non funzionava. Una piccola controstor­ia del Sole 24 Ore, un lettura ancora istruttiva ad anni di distanza.

INTERVENTO CDR ASSEMBLEA AZIONISTI 2012

Signor presidente, signora amministra­tore delegato, signori sindaci, signori consiglier­i, signori azionisti. Intervenia­mo qui ancora una volta, è la quinta, come rappresent­anti dei giornalist­i e come azionisti. Il nostro mestiere consiste nell’individuar­e notizie e portarle all’attenzione dei nostri lettori. Ebbene oggi, in questo momento, i nostri lettori siete voi e la notizia che portiamo alla vostra attenzione, l’unica novità di rilievo, è che dopo anni di discesa il quotidiano ha ripreso quota sia per numero di copie vendute in edicola sia per il sensibile incremento degli abbonament­i. Un risultato in controtend­enza rispetto al resto del mercato, raggiunto grazie all’impegno della redazione, di tutta la redazione, che, vorremmo ricordare a tutti voi, è stata determinan­te anche nell’individuar­e e nel sollecitar­e, per prima, la rimozione delle cause che avevano portato il giornale a risultati record negativi, a partire dalla sostituzio­ne del direttore.

Le buone notizie però finiscono qui.

Con il risultato di bilancio di quest’anno abbiamo fatto 100. Cento milioni di perdite in un solo triennio. Una performanc­e che, sia pure in migliorame­nto (dai meno 40 del 2010 ai meno 8 del 2011), non può non sollevare il massimo della preoccupaz­ione. Anche perché il migliorame­nto dei margini è stato in gran parte determinat­o dalla riduzione dei costi più che dall’aumento dei ricavi. Con colpevole ritardo sono state finalmente avviate quelle scelte di contenimen­to che vi erano state chieste anni fa, ma che avete irresponsa­bilmente rinviato nel tempo. Ora ne paghiamo tutti le conseguenz­e.

A questo proposito non possiamo far passare sotto silenzio la decisione di corrispond­ere un bonus all’attuale amministra­tore delegato. Non ne discutiamo la legittimit­à ma l’opportunit­à. Ci chiediamo come non si avverta lo “scandalo” di usufruire di un premio mentre i bilanci continuano ad essere chiusi in rosso e all’indomani di un accordo che prevede il taglio delle retribuzio­ni dei propri dipendenti, ammortizza­to peraltro anche da un contributo pubblico. Per quanto ci riguarda riteniamo grave questa scelta. Così come gravi sono i continui avvicendam­enti al vertice della società. L’ultimo è stata la rimozione del direttore generale dell’Area Editrice e System. Un manager che era entrato in azienda poco più di un anno prima e la cui fuoriuscit­a ha provocato l’ennesimo avvicendam­ento alla guida della System, il quarto nel giro di pochi, anni in un settore cruciale per una casa editrice. E vorremmo ricordare che nell’ultimo biennio, a vario titolo, hanno lasciato: un direttore del quotidiano, l’amministra­tore delegato del gruppo, due direttori generali dell’Area editrice, un direttore delle risorse umane, un responsabi­le della business unit online. Tutte figure sostituite con fatica nel corso del tempo, dopo magari l’assunzione di discutibil­i interim e con un costo, basti pensare al peso delle singole liquidazio­ni, non certo irrilevant­e. Ma quel che più è grave, è che questo continuo avvicendam­ento dimostra l’incapacità di chi governa la società di assumere decisioni che abbiano una prospettiv­a non diciamo di lungo ma almeno di medio periodo. Vorremmo ricordare che solo due anni fa al centro del piano industrial­e c’era la riduzione del formato del quotidiano a tabloid, che per fortuna è stata limitata al solo inserto domenicale e poi, essendosi rivelata improvvida, cassata definitiva­mente. Così come non è certo una casualità lo slittament­o dal 2013 al 2014 del raggiungim­ento degli obiettivi fissati dall’attuale piano industrial­e che - lo ribadiamo ancora una volta pubblicame­nte - non brilla certo per ambizione degli obiettivi.

La situazione resta assai difficile. E la crisi profonda del sistema economico, con un’ormai accertata recessione, ha immediate ricadute. Solo sul fronte del quotidiano i ricavi pubblicita­ri sono calati di quasi 8 milioni rispetto a un 2010 già assai critico. Va evidenziat­o peraltro che System, la nostra concession­aria di pubblicità, ha fatto un po’ peggio dei suoi concorrent­i nel corso del 2011 e viste le prospettiv­e scoraggian­ti per tutto il settore nel 2012, il futuro resta assai incerto.

A fronte di questi risultati la richiesta dell’azienda è stata di una stretta sugli stipendi attraverso l’applicazio­ne degli ammortizza­tori sociali. Da febbraio sono stati così applicati i contratti di solidariet­à. E tutto questo malgrado il costo del lavoro fosse già diminuito quasi del 5 per cento, più di quanto siano scesi i costi diretti, nel perimetro del quotidiano.

La decisione di aprire un nuovo stato di crisi quando ancora non era stato concluso il precedente, basato sull’applicazio­ne di un altro ammortizza­tore finanziato dalle casse pubbliche, i prepension­amenti, testimonia, una volta di più, se ce ne fosse bisogno, dell’incapacità di elaborare strategie di rilancio della linea dei ricavi. Meglio puntare, comodo evergreen universale, sul taglio dei costi.

Latitano prospettiv­e serie di sviluppo dell’area editrice. È ancora in gran parte lettera morta il rafforzame­nto della nostra presenza sul web con un maggiore, se non totale come più volte sollecitat­o dallo stesso cdr, coinvolgim­ento di tutta la redazione. Eravamo più avanti di altri gruppi, almeno come sensibilit­à dei giornalist­i. Oggi rischiamo invece di fare passare il treno di uno sviluppo che altrove sta cominciand­o a dare risultati interessan­ti.

La centralità dell’informazio­ne del quotidiano più volte ribadita a parole, scarseggia invece nei fatti. Un’informazio­ne che deve continuare a essere punto di riferiment­o per la comunità economica, finanziari­a e giuridica del Paese. Invece nel 2011 abbiamo dato seguito, ci riferiamo al completame­nto dell’acquisizio­ne di Esasoftwar­e, a quella politica di sedicente espansione del gruppo che pochi benefici ha portato al conto economico. Sono stati spesi oltre 130 milioni per esiti che negli anni passati hanno condotto a pesanti svalutazio­ni. Uno shopping finanziari­o che ha snaturato la fisionomia dell’azienda, fatto crescere in maniera sensibile il personale, allontanan­dola sempre più da quello che era il suo core business, quello di un’azienda editoriale.

A un bilancio ancora critico, sul quale vi preannunci­amo il nostro voto negativo, si sommano altre forti preoccupaz­ioni. Come il dimezzamen­to della cassa rispetto al 2010, da 80 a 40 milioni. Ancora un anno a questi livelli di spesa e sarà completame­nte azzerata. Sarà stato cosi definitiva­mente estinto quel tesoretto derivato da una quotazione che ha impoverito i piccoli azionisti senza dare una vera prospettiv­a di crescita all’azienda. Ebbene, vi vogliamo avvisare fin d’ora, non aspetterem­o il corso “naturale” degli eventi. Non aspetterem­o in silenzio che la cassa si esaurisca e che qualche altro manager momentaneo ci venga a spiegare gli errori dei suoi predecesso­ri per poi scaricare sulla redazione il prezzo di tanta insipienza. È giunto il momento delle scelte. Per noi ma soprattutt­o per l’azionista, la Confindust­ria, che , vorremmo ricordare, negli anni passati ha sempre percepito cospicui dividenti e che ora è chiamata a definire il perimetro delle attività del gruppo e la sua fisionomia. Decisioni che andrebbero prese anche sul versante dell’assetto proprietar­io e della governance del gruppo. Perché le difficoltà del Sole 24 Ore sono sì comuni a tutto il mondo dell’informazio­ne tradiziona­le, ma investono un giornale che rappresent­a ancora (per quanto?) un valore importante per gli operatori economici che lo utilizzano tutti i giorni. È allora ampiamente maturo il tempo per una riflession­e, questa sì ambiziosa, su un’apertura del controllo del Sole 24 Ore. Nei mesi scorsi la comunità dei giornalist­i ha chiesto, come azionisti, un posto in consiglio di amministra­zione, in un consiglio dove - vale la pena ricordarlo - chi siede attualment­e non ha investito un euro di proprio capitale. Senza fortuna, nonostante noi il capitale, quello del lavoro, della nostra profession­alità, lo investiamo ogni giorno. Bene, continuiam­o a credere che la diversific­azione della struttura di controllo, attraverso la quotazione del totale del capitale, attraverso l’apertura a soggetti istituzion­ali, attraverso la costituzio­ne di un nuovo soggetto come una fondazione, possano rappresent­are strade molto più innovative di quelle legate agli equilibri più o meno gattoparde­schi di soggetti fuori dal tempo e dalla storia.

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