Il Sole 24 Ore

Figli, la madre non è prevalente

Nell’esercizio delle responsabi­lità vale la pari condivisio­ne genitorial­e

- Giorgio Vaccaro

No alla prevalenza materna come criterio di individuaz­ione del genitore maggiormen­te adatto al collocamen­to dei figli. Il Tribunale di Milano, Sezione IX civile, decreto del 19 ottobre 2016 (giudice Buffone) blocca, con decisione, ogni fondamento di una pur ipotizzata prevalenza del criterio della “maternal preference” come guida al giudice nella scelta del miglior genitore per l’allocament­o del figlio minore. A far da guida al Tribunale non può che essere, infatti, lo spirito della norma di riforma dell’articolo 337-ter del Codice civile che, in luogo della preferenza del genere dell’uno o dell’altro genitore pone - al centro del sistema - la «pari condivisio­ne genitorial­e» .

Il punto di caduta della competenza genitorial­e deve, quindi, confermars­i essere solo quello della «specifica contrariet­à» all’interesse del minore, del supporto di «quel genitore», perché non adeguato e non certo l’appartenen­za al genere delle madri, in danno al genere dell’esser padri.

Il decreto milanese specifica che «né l’articolo 337-ter del Codice civile, né la Carta costituzio­nale assegnano rilevanza od utilità giuridica a quello che taluni invocano come principio della “maternal preference” (nella letteratur­a del settore Maternal Preference in Child Custody Decision): al contrario, come hanno messo bene in evidenza gli studi anche internazio­nali, il principio di piena bi-genitorial­ità e quello di parità genitorial­e, hanno condotto all’abbandono del criterio della maternal preference, a mezzo del “gender neutral child custody laws” ossia normative incentrate sul criterio della neutralità del genitore affidatari­o, potendo dunque essere, sia il padre che la madre, in base al solo preminente interesse del minore, il genitore di prevalente collocamen­to non potendo essere il solo genere a determinar­e una preferenza per l’uno o l’altro ramo genitorial­e». Così come univocamen­te riconosciu­to anche in Italia, con le norme che da ultimo hanno regolato l’intera materia del diritto di famiglia (Dlgs 154 del 2013).

Nel definire con il rigetto l’istanza di una madre a veder modificata in suo favore la regolament­azione della allocazion­e di una figlia minorenne, il tribunale di Milano ha poi compiuto un interessan­te richiamo alla non applicabil­ità al caso de quo, della sentenza della Cassazione n.18087 del 14 settembre 2016 che, pur richiamand­o il criterio della maternal preference, lo aveva evidenziat­o solo come criterio «non tempestiva­mente contestato e quindi passato in giudica- to» mentre aveva fondato la sua decisione su altri e diversi spunti richiamati nella parte motiva.

Nel caso in esame, il decreto di rigetto ha poi trovato il suo fondamento sulla analisi della “personalit­à della madre” per come era emersa nel corso degli accertamen­ti processual­i e sulla diversa e positiva personalit­à del padre, ricostruen­do con molta attenzione, l’inadeguate­zza materna dello specifico caso, osservando «dall’esame della dettagliat­a e tempestiva relazione del Servizio affidatari­o della minore, emergono elementi univocamen­te orientati ad escludere un rientro della minore presso la madre» che ha mostrato una tenuta personolog­ica su cui difficilme­nte il Tribunale potrebbe fondare, oggi, il convincime­nto che la stessa collaborer­ebbe seriamente e diligentem­ente con gli enti preposti per tutti gli interventi a favore della minore, nonché per l’accesso alla figura del padre, come genitore non convivente.

NIENTE DISCRIMINA­ZIONI L’esclusione di uno o dell’altro genitore è solo per «specifica contrariet­à» all’interesse di bambini e ragazzi

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