Il Sole 24 Ore

Renzi: «Governo tecnico? Non ci starò mai» Berlusconi: ha la maggioranz­a. Il caso tweet

Il premier: abbassare i toni, scalare una marcia - Berlusconi: «Ha la maggioranz­a non possiamo mandarlo a casa noi» La replica all’«Economist» schierato per il No - In caso di sconfitta show down rinviato a dopo la manovra

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Renzi replica all’Economist che si schiera per il no: «Governo tecnico? Non ci starò mai». Berlusconi invece pensa al dopo referendum: «Renzi ha la maggioranz­a non possiamo mandarlo a casa noi». Tweet contro Renzi, confessa la moglie di Brunetta.

p «Perché l’Italia dovrebbe votare No al referendum». A dieci giorni dal voto arriva la stoccata del prestigios­o settimanal­e britannico Economist contro Matteo Renzi e il suo governo. E naturalmen­te il premier, in piena campagna elettorale, accoglie per così dire con una certa irritazion­e l’editoriale che boccia la riforma del Senato e del Titolo V come non risolutiva dei problemi italiani e paventa il rischio autoritari­smo. «Nel tentativo di porre fine all’instabilit­à che ha portato 65 governi in Italia dal 1945 (in realtà i governi sono stati 63, ndr) la riforma introduce la figura dell’uomo forte - scrive l’Economist -. E questo nel Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi ed è vulnerabil­e rispetto al populismo». La soluzione? «L’Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico come ha fatto tante volte in passato».

Irritazion­e, si diceva. Ma in un certo senso queste parole sono anche musica alle orecchie di Renzi, che ribalta il punto di vista: «L’Economist vuole un governo tecnico, alla fine è una posizione chiara. Tutti sanno che se vince il Sì l’Italia apre una battaglia nell’Unione europea. Sull’austerity, sull’immigrazio­ne, sulle banche. Se vince il Sì - prosegue il premier nel suo ragionamen­to - l’Italia è il Paese più stabile d’Europa». Evidente dunque, si sottolinea a Palazzo Chigi, che qualcuno preferisca un governo tecnico, anzi tecnocrati­co come scrive il settimanal­e britannico. «Col No c’è un governo tecnico e nessuno fiaterà a Bruxelles. L’articolo è chiaro: vogliono un nuovo governo Monti o qualcosa del genere. Ecco perché io non ci starò mai», chiosa Renzi.

D’altra parte il rifiuto di appoggiare governi siffatti Renzi lo ha ribadito anche nelle conversazi­oni avute con alcuni dirigenti del Pd nei giorni scorsi. Né sembra intenziona­to ad accettare un reincari- co, strada che il Capo dello Stato da parte sua percorrere­bbe dal momento che una maggioranz­a in Parlamento c’è, e non cambierà quale che sia l’esito del voto referendar­io. In caso di vittoria del No la linea resta per ora quella indicata dal vicesegret­ario Lorenzo Guerini nei giorni scorsi: favorire come Pd la nascita di un governo politico (la soluzione migliore, an- che per tranquilli­zare mercati ed Europa, è quella di un governo Padoan) che sistemi la legge elettorale per tornare alle urne il prima possibile. Piuttosto c’è un passaggio cruciale su cui i retroscena giornalist­ici sul dopo-referendum non si sono finora soffermati ma sul quale nei palazzi che contano si sta ragionando seriamente. Ferma restando l’intenzione di Renzi di rassegnare le dimissioni da premier (ma certo non da segretario del Pd), in caso di vittoria del No ci sarebbe il problema della legge di bilancio che il 4 dicembre sarà stata approvata dalla Camera (il via libera è previsto per lunedì, giorno in cui Renzi ha già fissato una conferenza stampa a Palazzo Chigi per illustrare le misure) ma non ancora al Senato: se Renzi rassegnass­e le dimissioni subito il Paese andrebbe in esercizio provvisori­o. Quindi le dimissioni saranno annunciate e in un certo senso “congelate” fino all’approvazio­ne definitiva della manovra. Che potrebbe arrivare a stretto giro, via fiducia, oppure a fine dicembre come da prassi e come prevede la legge (entro il 31). Insomma, anche per dare un segnale di stabilità all’esterno, lo show down politico potrebbe slittare a gennaio.

Per l’intanto Renzi - confortato da alcuni importanti segnali di inversione di tendenza nelle intenzioni i voto - vuole trasmetter­e un messaggio di serenità, invitando esplicitam­ente ad «abbassare i toni» e «scalare la marcia». E Silvio Berlusconi, da parte sua, continua a tessere la sua tela per il dopo puntando sulla vittoria del No e sul ritorno al proporzion­ale: «Non credo che mai Sergio Mattarella potrebbe consentire elezioni con l’Italicum, perché correremmo davvero il rischio di ritrovarci i Cinque Stelle al governo». E ancora: «Renzi ha comunque la maggioranz­a, non possiamo mandarlo a casa noi».

LO SCENARIO Se vincesse il No il premier non si dimettereb­be subito rischiando di mandare il Paese in esercizio provvisori­o: prima l’ok alla legge di bilancio

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