Il Sole 24 Ore

Tenere d’occhio il costo totale del pacchetto previdenza

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Sale il costo prospettic­o del “pacchetto previdenza” contenuto nella manovra. Se nella versione presentata dal Governo alla Camera le nuove misure di flessibili­tà in uscita e di rafforzame­nto del potere di acquisto di una parte dei pensionati determinav­ano un aumento dell’indebitame­nto netto pari a 1,4 miliardi di euro nel 2017, 2,5 miliardi nel 2018 e 3,1 miliardi nel 2019, con le ultime modifiche approvate ieri si va un passettino oltre. Anche se i saldi non cambiano visto che le coperture sono in larga parte garantite con il definanzia­mento di una serie di fondi struttural­i. Sulla base degli emendament­i approvati si innesca una maggiore spesa per circa 257 milioni, tra il 2017 e il 2022, con l’estensione della ”opzione donna” ad altre 4mila lavoratric­i rimaste escluse dalla finestra di uscita anticipata con ricalcolo contributi­vo poiché nate nell’ultimo trimestre del 1957 o del 1958. L’estensione dell’ottava salvaguard­ia a tremila lavoratori costerà invece 161 milioni in più nel prossimo decennio, mentre la gratuità del cumulo anche per i profession­isti costerà 210 milioni nel primo triennio di applicazio­ne.

Al di là delle consideraz­ioni di opportunit­à o meno che si possono fare sulla scelta di allocare ulteriori risorse alla previdenza, vale chiedersi se la coerenza di fondo delle misure previdenzi­ali della manovra è rispettata o meno dopo queste correzioni, anche in vista dei futuri impegni che si dovranno affrontare sul fronte della spesa sociale.

Come è stato fatto notare in sede di audizioni parlamenta­ri sull’originario disegno di legge di Bilancio 2017 (Ufficio parlamenta­re di Bilancio, Banca d’Italia e Istat) alcuni interventi risultano coerenti con il disegno generale del sistema pensionist­ico e non incidono sulla sua sostenibil­ità di lungo periodo (per esempio il pensioname­nto anticipato di lavoratori precoci e di quelli che svolgono attività usuranti, o il cumulo dei periodi contributi­vi). Altre misure presentano invece caratteris­tiche più settoriali e hanno finalità di tipo assistenzi­ale (Ape sociale, ottava salvaguard­ia-esodati, quattordic­esima, ecc.) In questo caso una valutazion­e più completa andrebbe fatta in relazione alla legge delega sul reddito di inclusione, sempre in discussion­e in Parlamento, e con il percorso da completare per la riforma degli ammortizza­tori sociali. Il Governo Renzi ha esteso l’anno scorso le garanzie previste dalla riforma Fornero-Monti sul lavoro e la mitigazion­e dei bisogni sociali in caso di disoccupaz­ione e povertà introducen­do la Naspi (Nuova prestazion­e di assicurazi­one sociale per l’impiego), un sostegno al reddito dei lavoratori che abbiano perduto involontar­iamente la propria occupazion­e e l’Asdi (assegno di disoccupaz­ione) per coloro che si trovino in condizioni economiche precarie (Isee sotto i 5mila euro), con minori a carico o un’età che li renda più difficilme­nte collocabil­i sul mercato del lavoro (oltre i 55 anni). Si tratta di misure in parte da confermare a regime e che implichera­nno una nuova spesa. Ecco le compatibil­ità da tenere in conto (e rispettare) quando il Senato presenterà le sue ulteriori correzioni.

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