Il Sole 24 Ore

«Nessun pericolo autoritari­o, più contrappes­i che in passato»

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p «Pericolo autoritari­o? Nel caso di questa riforma, francament­e, mi pare evocato a sproposito. Anche perché resta inalterata la forma di governo: nessun potere in più è attribuito al presidente del Consiglio. Ed è peraltro previsto un robusto sistema di contrappes­i. Il primo è proprio il Senato rappresent­ativo delle istituzion­i territoria­li, svincolato dal rapporto fiduciario, dotato di autonomi poteri di controllo e valutazion­e. Gli altri sono individuab­ili nel ricorso preventivo alla Corte Costituzio­nale sulle leggi elettorali, nell’irrobustim­ento degli strumenti di democrazia diretta, nell’elezione di due giudici della Corte Costituzio­nale da parte del Senato, nei quorum assai più alti previsti per l’elezione del presidente della Repubblica e infine nella previsione dello Statuto delle opposizion­i». La presidente della commission­e Affari Costituzio­nali del Senato Anna Finocchiar­o, che ha combattuto in prima linea per portare al traguardo la riforma del Senato e del Titolo V, respinge con forza le accuse di rischio autoritari­o provenient­i anche dal suo partito, il Pd.

Nessun pericolo autoritari­o, presidente, ma con il meccanismo del voto a data certa il governo viene comunque messo in condizione di vedere approvate in tempi brevi le sue proposte di legge.

Certo. L’articolo 72 riformato prevede che, ad esclusione dei casi di competenza paritaria e altre ipotesi di leggi particolar­mente importanti (quali, ad esempio, quelle di autorizzaz­ione alla ratifica di trattati internazio­nali), il governo possa chiedere che la Camera iscriva con priorità e approvi entro 60 o 85 giorni un disegno di legge ritenuto «essenziale per l’attuazione del programma». E, contrariam­ente a quanto sento erroneamen­te sostenere, la Camera potrà apportare modificazi­oni al testo del governo. È un’innovazion­e che coniuga la centralità del Parlamento nell’esercizio della funzione legislativ­a e l’esigenza del governare, che si traduce nel vedere tradotto in legge - in tempi celeri - un essenziale impegno programmat­ico.

Uno strumento che favorisce stabilità e governabil­ità.

Uno degli obiettivi della riforma è certamente quello della stabilità dei governi, insieme alla maggiore snellezza ed efficacia del procedimen­to legislativ­o ed una più chiara ripartizio­ne delle competenze tra Stato e Regioni. Ma, al di là del voto a data certa, è proprio con il superament­o del bicamerali­smo paritario che si raggiunge l’obiettivo. In Italia abbiamo visto la succession­e di 63 governi in 70 anni, cui ha grandement­e contribuit­o un sistema bi- camerale in cui entrambi i rami del Parlamento concedono e revocano la fiducia al Governo ma Camera e Senato sono composti in modo diverso (eletto a base regionale il Senato, e con differente elettorato attivo e passivo). Questo ha determinat­o una instabilit­à nel rapporto governo-maggioranz­a che fu avvertita e denunciata già in fase di discussion­e della Costituzio­ne del ’48 sino all’approvazio­ne dell’ordine del giorno Perassi che si pronunciav­a per l’adozione del sistema parlamenta­re «da disciplina­rsi, tuttavia, con dispositiv­i costituzio­nali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di governo e ad evitare le degenerazi­oni del parlamenta­rismo». Inutile aggiungere che quell’ordine del giorno non ebbe seguito.

In che modo il ricorso ai decreti sarà limitato? Sarà spezzato il circuito perverso decreto/ fiducia/maxiemenda­mento?

La nuova disciplina dei decreti legge prevede serie limitazion­i ai poteri del governo nel ricorso a questo strumento. Ne viene infatti limitato l’uso per una serie di materie ed ipotesi, viene previsto che i decreti devono contenere misure di immediata applicazio­ne e di contenuto specifico, omogeneo e corrispond­ente al titolo (non ci saranno, dunque, i decreti “omnibus” che abbiamo conosciuto) e che, durante l’esame in Parlamento, non possono essere approvate disposizio­ni estranee all’oggetto e alla finalità del decreto (e questo in aderenza alla giurisprud­enza della Corte Costituzio­nale). In questo senso si pone un limite all’abuso di quel circuito perverso.

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Anna Finocchiar­o

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